Vivere su Marte potrebbe ben presto non essere più un’utopia: il pianeta rosso potrebbe diventare una casa per l’umanità. Ma come si produrrà l’ossigeno?
Un po’ come Matt Damon nella celebre pellicola “Il Sopravvissuto – The Martian” si potrebbe riuscire a vivere ben presto su Marte. Riproduzione del romanzo di Andy Weir “L’uomo di Marte”, uscito nel 2015, il film narra le avventure dell’astronauta Mark Watney che per uno sbaglio viene lasciato sul pianeta rosso. Il protagonista mette in campo tutto il suo ingegno per sopravvivere sul pianeta straniero, riuscendo poi fare ritorno sulla Terra.
Senza arrivare a pensare di ritrovarsi da soli su Marte, c’è una novità a tema pianeta rosso che però, proprio alla stregua del capolavoro cinematografico, potrebbe ben presto portarci a vivere sul pianeta, che diventerebbe così accessibile all’uomo anche per lunghe tempistiche.
Marte, si potrà vivere sul pianeta rosso?
Tra le tante novità a tema universo (scoprine qui una incredibile), c’è un’innovazione che ha come protagonista Marte. Questo è il quarto pianeta del nostro sistema solare, si può vedere a occhio nudo ed tinto dal suo caratteristico colore rosso: appartiene alla tipologia dei pianeti rocciosi e la sua dimensione è circa metà di quella della nostra Terra.
Proprio a tema Marte, arriva un’importante novità, che si aggiunge alle tante sperimentazioni sul pianeta roccioso. Si tratta di un’innovazione che porta a passi in avanti capaci di rendere ben presto possibile il stabilirci sul pianeta rosso, anche per molto tempo.
In particolare uno studio avrebbe scoperto qualcosa di davvero rivoluzionario: delle reazioni fotochimiche ci fornirebbero l’ossigeno e l’idrogeno che servono per la nostra sopravvivenza. E lo farebbero anche per lungo termine.
La vita su Marte: come si produrrà l’ossigeno
Vi piacerebbe fare un giretto su Marte? Oppure viverci proprio? Se questo scenario sembra davvero da film da fantascienza, in realtà potrebbe ben presto diventare realtà. Questo grazie al nuovo studio innovativo volto a sostituire il metodo usato fin ora dalla Stazione Spaziale che si basa sul creare ossigeno estraendolo dall’acqua mediante l’elettrolisi del sole, processo molto costoso e non così sicuro in quanto si potrebbero anche verificare delle problematiche.
Per tanto la ricerca si è mossa per trovare un’alternativa meno dispendiosa e più sicura. Lo studio in questione è stato condotto dalla ricercatrice Katharina Brinkert e dai suoi collaboratori che hanno avuto l’intuizione di usare degli strumenti fotoelettrochimici (PEC) capaci di convertire l’energia del sole in una forma chimica da cui produrre poi idrogeno e ossigeno. Il tutto ricorrendo a dei semiconduttori che semplificano questo processo, garantendo più a lungo queste risorse vitali.