In Italia uno dei cibi più consumati è il pesce ed esistono diversi mercati ma sai dove si trova il mercato del pesce più grande del nostro Paese? E soprattutto ti sei mai chiesto quanto incide sull’inquinamento l’industria legata al consumo di pesce?
Non si può negare che la posizione geografica dell’Italia consenta un rapporto privilegiato con tutta una serie di creature che diventano loro malgrado alimenti e in alcuni casi veri e propri punti cardine della tradizione culinaria di alcuni luoghi. Non esiste paesino di mare, porticciolo, località balneare che non abbia una propria variante delle semplici ricette con al centro le varie specie ittiche che si trovano nel Mediterraneo.
L’acquisto del pesce avviene molto spesso all’interno dei supermercati ma resistono ancora diverse realtà più grandi: i cosiddetti mercati del pesce. Si tratta di luoghi in cui di solito chi va a comprare lo fa perché il pesce, in grande quantità, è necessario alla ristorazione. Nel mondo alcuni mercati sono vere e proprie attrazioni turistiche come nel caso di quello del quartiere Toyosu di Tokyo e del Billingsgate di Londra. In Italia ci sono almeno quattro luoghi che chi apprezza il pesce conosce. Ma accanto ai profumi e ai colori del pesce c’è da tenere in considerazione anche l’inquinamento che viene da questo alimento.
È facile immaginare che il mercato del pesce più grande d’Italia si trovi a sud o lungo le coste ma in realtà anche se per esempio il mercato di Trapani e quello di Livorno sono due realtà storiche consolidate, molto famosi sono anche il mercato di Roma, all’interno del cosiddetto CAR, e due mercati che si contendono il primato di mercato del pesce più grande d’Italia. Se si guarda all’indotto, quindi alla quantità di pesce che ogni anno viene venduta e quindi al guadagno totale che genera, il mercato la risposta è il mercato ittico di Milano.
Se però vuoi sapere qual è il mercato più grande per estensione è invece quello di San Benedetto a Cagliari che è anche il più grande in tutta Europa. In attività dal 1957, occupa 8000 metri quadrati e metà di questi metri quadri sono occupati proprio da pesce mentre il livello superiore è dedicato alla vendita di carne, ortaggi e frutta. Ma quanto inquinamento produce, nel suo complesso, l’industria del pesce? Forse questa è la vera domanda che occorre porsi. Perché per quanto i mercati del pesce siano sempre più tecnologicamente avanzati per quello che riguarda la gestione degli ordini, la distribuzione e la consegna occorre andare a guardare ai luoghi da dove arriva la materia prima e soprattutto al modo in cui quella che diventa materia prima è stata trattata.
173 milioni di tonnellate. Questo è il totale raggiunto qualche anno fa nella produzione mondiale di pesce secondo alcuni dati distribuiti dalla FAO. 90 tonnellate vengono dalla pesca mentre altre 80 tonnellate sono il frutto della cosiddetta acquacoltura. Ma quanto è sostenibile la pesca e quanto è sostenibile l’acquacoltura? Calcolando che, come riportato per esempio in Il destino del cibo, volume di Agnese Codignola, ogni anno i danni ambientali della pesca superano i 40 milioni di tonnellate in termini di gas serra, forse è il caso di cambiare la nostra prospettiva anche su quello che è considerato invece ancora, e in maniera erronea, un prodotto molto più sostenibile rispetto alla carne. Perché esattamente come avviene negli allevamenti intensivi in cui gli animali sono costretti a vivere in gabbie minuscole anche per quello che riguarda gli allevamenti intensivi di pesce le condizioni degli animali sono spesso precarie e allo stesso modo in tanti allevamenti e centri per la lavorazione del pesce il periodo che i pesci passano morendo lentamente per asfissia sul ghiaccio o senza basterebbe per far inorridire chiunque.
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