Ben 24miliardi di microplastiche sono state ritrovate negli oceani. Non sono la fauna marina e l’ecosisitema sono a rischio, ma anche la salute dell’uomo
Che l’inquinamento dei mari porti conseguenze anche sulla tavola è cosa nota. Si è visto con la contaminazione da mercurio dei pesci. Anche se la spinta mediatica è diminuita, il problema persiste, in particolare per i pesci di grande taglio. E la stessa cosa avviane con le microplastiche. Sono granuli della grandezza di circa 5 mm. Possono essere primarie o secondarie. Nel primo caso vengono rilasciate nell’ambiente già nella forma micro, nel secondo caso sono effetto della degradazione della plastica, che le scompone. Il problema maggiore, almeno quello scientificamente accertato, è che i pesci non si accorgono di ingerire sostanze dannose, anzi ne sono attratte perché contaminate da “sapore di mare”. E come è intuibile questi elementi rimangono nell’animale, causandone un senso di sazietà fino anche al digiuno e quindi a morte certa.
Dopodiché arrivano nei mercati e supermercati, conservati nel pesce che poi diventerà la base delle pietanze. Per il momento non si conoscono bene gli effetti delle microplastiche sull’intero ecosistema, basta però sapere che l’inquinamento sta portando alla diminuzione di molte specie marine.
Ovviamente il passaggio delle microplastiche dal pesce all’uomo avviene nel momento in cui quest’ultimo ingerisce il pesce. Le dimensioni incredibilmente ridotte delle microplastiche non consentono di accorgersi della loro presenza. Come riporta il WWF, sono presenti 24mila miliardi di microplastiche sulla superficie degli oceani del mondo. Un numero incredibile che da allarme trasforma la questione in emergenza. Esperimenti scientifici hanno trovato tracce di microplastiche nelle feci umane, anche dei bambini, nella placenta e di recente anche nel sangue e nel fondo dei polmoni.
Si stima che ogni settimana l’essere umano può ingerire oltre 5 grammi di microplastiche, come se ingoiasse interamente una carta di credito. Il passaggio all’uomo avviene attraverso aria, acqua, frutta, verdura, pesci e molluschi, soprattutto se ingeriti interi.
Ed è per questo che non solo le associazioni ambientaliste, ma anche i comitati scientifici si mostrano preoccupati e richiedono interventi sulla crescente invasione di microplastiche. Per quanto si giri intorno al problema, la questione torna sempre alla commercializzazione ancora troppo diffusa della plastica ed allo smaltimento scorretto di essa. E le microplastiche rappresentano la punta dell’iceberg ma allo stesso tempo un tangibile problema per la salute che ancora non si sa che effetti avrà in futuro sul corpo umano.
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