Sopravvissuti all’estinzione, i coccodrilli marini sono sempre più sfruttati per le esigenze della moda: il governo australiano interviene con controlli più rigidi.
Per quanto siano dichiarati come i rettili più pericolosi al mondo, i coccodrilli marini in Australia sono dichiarati dagli anni ‘70 come specie protetta. I Crocodylus porosus, nome etimologico di questi coccodrilli, hanno infatti rischiato l’estinzione nel corso dei millenni ma la salvaguardia della specie ha permesso che migliaia di esemplari siano tutt’oggi presenti sul territorio australiano.
Il richiamo di questa specie, in particolar modo della pelle rara di questi coccodrilli, ha reso le aziende di moda la principale causa di sfruttamento di questi rettili. Allevamenti intensivi e a scopo di lucro al fine di usare la loro pelle sono ciò che ha spinto il governo dell’Australia ad intervenire per porre fine a questi trattamenti non etici, battendosi per la sostenibilità.
L’attivismo di Peta e la stretta del governo: il codice
Quando si parla di allevamento di animali, bisognerebbe sempre tenere presente che esiste un codice etico che va rispettato. Nel caso dei coccodrilli marini non è sempre così, ma anzi gli standard morali applicati a questi rettili stanno arrivando a destare preoccupazione anche ai vertici governativi. I primi a lottare in questa direzione sono stati gli attivisti di Peta (People for the Ethical Treatment of Animals), l’associazione che da sempre combatte contro lo sfruttamento degli animali, i quali attraverso dei documentari hanno dimostrato quanto i coccodrilli subissero trattamenti atroci e al limite della speculazione.
Il giro di lucro attorno alla produzione di pelle di coccodrillo avalla così la crudeltà a loro riservata, testimoniata da riprese girate negli allevamenti. Secondo l’organizzazione no-profit, un singolo allevamento può raggiungere la cifra di oltre mille coccodrilli uccisi in una manciata di mesi. Vasche di cemento e tenera età sono gli altri elementi di crudeltà che inchioderebbero la spietatezza di questi allevamenti, che vanno ben oltre il codice morale di trattamenti degli animali.
Per questo motivo, gli allevamenti diventano sempre più intensivi e il business non riesce a fermare il suo cerchio d’affari. Dopo l’ennesima testimonianza, il governo australiano, attraverso la voce della ministra dell’ambiente Tanya Plibersek, ha così recentemente reso nota la stretta sui controlli dell’allevamento, del trattamento e dell’abbattimento dei coccodrilli. La ministra ha infatti sottolineato l’importanza di rispettare “standard aggiornati e coerenti a livello nazionale, per un trattamento etico di questi rettili unici. E assicurare che siano applicati in modo uniforme”.
A farle da eco ci ha pensato anche Sally Isberg, direttrice del Centre for Crocodile Research, la quale in quanto coordinatrice del centro di ricerca su questa specie ha subito evidenziato come fosse arrivata l’ora di un codice di regolamentazione che mirasse al rispetto delle doverose prassi. Ma soprattutto, assicura che il centro provvederà a tenere d’occhio le pratiche di trattamento dei coccodrilli affinché il loro benessere e la redditività di questi allevamenti non provochino danni sia per gli animali stessi che per l’ambiente.
La pelle di coccodrillo nel mirino della moda: il giro di affari
Il giro di affari per l’esportazione della pelle di coccodrillo viaggia su somme di oltre 100 milioni di dollari. In particolar modo gli Stati Uniti, l’Africa, l’Asia e appunto l’Australia sono tra i più importanti fornitori di questi prodotti. Le aziende di moda, tra cui alcune molto famose, creano così un business di lusso attraverso merce composta da questa pelle rara facendola pagare cara. La pelle di coccodrillo è infatti molto richiesta e le cifre astronomiche per accaparrarsela non fanno che accrescerne il commercio e il mercato della luxury moda.
Se si considera che per una singola borsa, che può raggiungere anche il costo di 150mila dollari, serve la pelle di almeno quattro coccodrilli non ci vuole molta immaginazione per calcolare sia i costi sia i livelli di sfruttamento. Per questo motivo gli allevamenti dei coccodrilli sono spesso contro le regole, con trattamenti utilitaristici e immorali che sfiorano la disumanità. Nonostante la Convenzione di Washington, ovvero la convenzione internazionale siglata nel 1975 sul commercio delle specie di flora e fauna, abbia messo fine alla minaccia per la specie selvatica che era ormai sempre più a rischio, la creazione degli allevamenti non ha però permesso alla situazione di migliorare.
Abusi e trattamenti atroci riservati a questi rettili per soddisfare i bisogni di lusso degli articoli in pelle di coccodrillo sono venuti ormai allo scoperto e i provvedimenti sono d’obbligo. Per questo in Australia, la principale nazione da cui parte la produzione e l’esportazione della pelle di coccodrillo, si è deciso di dare una svolta a queste crudeltà intensificando i controlli sul codice di regolamentazione verificandone l’eticità e la sostenibilità ormai in pericolo.