Le montagne d’Italia, in particolare l’Appennino, raccontano di una tragica condizione geologica: l’Appennino Bolognese, solo per prendere in esame un tratto, vede un potenziale rischio idrogeologico per un’area di 393 chilometri quadrati. I fondi non arrivano e, vista la crisi economica, c’è da pensare che non arriveranno. Quindi, non ci resta che pregare.
Pregare, sì, che tutto vada bene, che un’emergenza maltempo non si trasformi in uno dei tanti disastri ambientali di cui il territorio italiano è ormai esperto. Gli Appennini, in fondo, sono un ammasso di detriti, quindi zona altamente a rischio, e senza investimenti e fondi non è possibile agire per la tutela dell’ambiente e delle persone. In Emilia Romagna si stima che il 15% degli abitanti risiedano sopra frane e zone che hanno subito alluvioni: una considerazione drammatica e terribile, se si pensa anche al fatto che oggi ci sono a disposizione la metà dei soldi che c’erano negli anni ’90. Bisogna pregare dunque, sì pregare, che le condizioni meteo non peggiorino e che -in caso di maltempo- l’impatto ambientale sul territorio non sia devastante come altrove.
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