Monte Everest: consoci la “zona della morte” e cosa accade al corpo umano

Monte Everest: c’è una zona pericolosa chiamata “zona della morte”, cosa accade al corpo umano se la si raggiunge?

Monte Everest conseguenze corpo umano
Monte Everest (Foto Adobe – ecoo.it)

L’adrenalina è la ragione di vita di moltissime persone. Praticare sport estremi ad esempio è tutto ciò che li rende felici e che spesso però porta queste persone in posti sul Pianeta davvero potenzialmente pericolosi. Ma non solo, anche chi ama la montagna o scoprire le meraviglie che il mondo ci offre, può incappare in difficili situazioni.

Spettacolo della natura il Monte Everest (alto 8.848 metri) potrebbe rappresentare un grande rischio per gli scalatori che si apprestano all’ascesa. Per chi non lo sapesse c’è una zona, chiamata la “zona della morte” ad un’altitudine di 8.000 metri dove la concentrazione di ossigeno è davvero bassissima. Cosa accade al corpo umano se la si raggiunge?

Monte Everest, pericoli se si raggiungono gli 8.000 metri di altezza

Il tuo corpo si sta disgregando e essenzialmente sta morendo” racconta l’alpinista Shaunna Burke a Business Insider, “Diventa una corsa contro il tempo“. Un altro alpinista David Breashears descrive come, quando ci si trova ad altitudini al di sopra degli 8.000 metri sul livello del mare, l’ossigeno è talmente scarso che nonostante si abbiano bombole di ossigeno di scorta è come se si corresse su un tapis roulant e nel mentre si respirasse con una cannuccia.

Burke continua il suo racconto e ricorda di come, durante la scalata, avesse sempre la tosse. “Ogni secondo o terzo respiro, il tuo corpo ansima per l’aria e ti svegli“, spiega anche di come a causa dell’aria rarefatta anche il sonno è un utopia. Si può anche rischiare inoltre la rottura dei vasi sanguigni negli occhi o perdere del tutto la vista a causa degli infiniti bagliore di ghiaccio e neve. A quelle altezze le temperature non superano mai i -17°C portando all’immediato congelamento di qualsiasi parte del corpo venga esposta.

Il pericolo per gli scalatori dunque è reale. La zona sul Monte Everest chiamata appunto la “zona della morte” trovandosi ad una altezza importante, ha una bassa concentrazione di ossigeno. Questo nel corpo umano può provocare ipossia, infarti, perdita di conoscenza e ictus. I livelli di ossigeno, inferiori del 40%, e i pericoli che si corrono hanno portato un medico Jeremy Windsor, ha scalare l’Everest circa 16 anni fa per analizzare dei campioni di sangue. Il medico, dopo aver prelevato i campioni da 4 alpinisti presenti in quella zona, afferma che  “Si tratta di condizioni paragonabili ai dati trovati nei pazienti vicini alla morte” a seguito della constatazione che gli alpinisti sopravvivono con solo 1/4 dell’ossigeno del quale in realtà necessitano.

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Da qui, causa la scarsa quantità di ossigeno nel sangue, il corpo produce più emoglobina per compensare questa mancanza, ma troppa emoglobina addensa il sangue rendendo difficile al cuore il suo naturale “lavoro”. Questo può portare a HAPE, ossia edema polmonare da alta quota, o HACE ossia edema celebrale da alta quota. Quando capita che uno scalatore diventa ipossico può comportarsi in modo strano come parlare con persone immaginarie o spogliarsi.

 

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