L’insolito caso di un elefante che ha rappresentato un caso unico al mondo e la cui vicenda ha interessato non solo gli etologi.
Sono sempre più un caso che è oggetto di attenzione da parte degli studiosi: stiamo parlando degli elefanti, i mammiferi dalle dimensioni spaventose, ma che al contempo generano curiosità e sentimenti di simpatia da parte dell’uomo. O almeno da parte di gran parte del genere umano, perché come sappiamo in molte culture l’elefante è anche animale da cacciagione.
Altre culture lo considerano come animale sacro, ma in generale la preoccupazione è che questo animale possa estinguersi e per tale ragione la scienza sta facendo di tutto per evitarlo. Certo, non è semplice e i dati non sono confortanti, ma la battaglia per preservarne la specie è ancora aperta.
Questo gigantesco mammifero, dunque, in molte parti del mondo è animale iconico e idolatrato, ma non tutti sanno che di questi animali ne esistono tre specie, diverse tra loro per molti aspetti, ma al contempo molto simili per altro. La storia evolutiva dei Proboscidati, quel gruppo di mammiferi del quale fanno parte anche gli elefanti, insieme a mammut e mastodonti, è decisamente complessa, ma abbiamo la certezza che le tre specie che conosciamo finora hanno origini antichissime.
Queste tre specie sono l’elefante indiano e l’elefante africano, che si suddivide in due sottospecie, ovvero l’elefante africano di pianura (Loxodonta africana africana) e l’elefante africano di foresta (Loxodonta africana cyclotis). I primi vivono prevalentemente in India, ma anche in altre zone asiatiche, i secondi tra Africa subsahariana e le foreste pluviali dell’Africa centrale e occidentale.
Si tratta di specie a rischio, per tutta una serie di motivi: la caccia, in particolare, li costringe ad allontanarsi dal proprio habitat naturale ed essendo animali fragili sono imponenti gli sforzi per salvaguardarli. Un momento importante di riflessione, da questo punto di vista, arriva dalla Giornata mondiale dell’elefante, creata proprio per provare a salvaguardare la specie.
Una vicenda incredibile e che spinge a una riflessione proprio sulla fragilità di questi mammiferi arriva dalla fine degli anni Settanta e dalla storia di Motty, un caso di elefante unico al mondo. Si tratta dell’unico ibrido confermato tra un elefante africano e un elefante asiatico, ma la sua vita è durata davvero pochissimo: Motty morì infatti dopo appena una decina di giorni dal parto.
La sua vita breve è però ancora ancora un vero e proprio mistero, un caso di studio che gli esperti non sono mai riusciti a risolvere. Questo per una serie di motivi: per essere concisi, sottolineamo come queste due specie non solo abbiano una grande distanza geografica tra i loro habitat naturali, ma presentino anche notevoli differenze fisiche e genetiche.
Nato prematuro, Motty morì dopo pochi giorni e ancora oggi, appunto, come possa essere avvenuta questa ibridazione resta un mistero. Tra l’altro, non è l’unico caso al mondo di animale ibrido, e oltre a questo elefante ricordiamo l’ibridazione tra un toro domestico e il bisonte americano, da cui nasce il beefalo, o ancora il cane-volpe, con delle caratteristiche uniche, importate da entrambe le specie.
Si tratta di esempi che dimostrano la straordinaria diversità e la flessibilità del mondo naturale e che non hanno a che vedere solo con mammiferi presenti sulla terraferma, ma anche con animali marini: il caso più noto ed eclatante, da questo punto di vista, è quello dei delfini ibridi che vivono nei mari di molte parti del mondo.
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