La neve rossa, o rosa, o color ruggine, deriva da delle alghe. Tuttavia non è un buon segnale, diretta conseguenza dei cambiamenti climatici
La neve per antonomasia è simbolo di purezza, di bellezza, di incontaminato. Questo per il suo colore bianco e per la sua consistenza soffice. I panorami glaciali sono affascinanti proprio per questa distasa monocromatica. Tuttavia nelle regioni polari, quelle in cui la densità di neve e di ghiaccio è maggiore che in tutto il resto del mondo, e che di conseguenza ne funge da riserva, la neve da diversi anni sta iniziando ad assumere una colorazione che va dal rosso al rosa. Il primo impatto è inquietante. Sembrano strisce di sangue che contrastano l’innocenza del bianco. Tuttavia è un fenomeno in atto da decenni, figlio del sempre più incalzante surriscaldamento del globo.
Le regioni polari, in una tendenza generale dove neve e ghiacciai stanno sparendo, mantengono ancora una riserva, che probabilmente sarà l’ultima neve sulla Terra. E sarà rossa. Perché?
Il ruolo della neve rossa nella fusione dei ghiacci artici è nodale. Lo dimostrano diversi studi scientifici e report, come uno recente pubblicato su Nature Geoscience. Roman Dial e i colleghi dell’Alaska Pacific University hanno studiato da vicino la neve rossa. La singolare colorazione deriva dalla presenza di alghe, che proliferano maggiormente con l’innalzamento delle temperature. Le alghe unicellulari responsabili del rosso sono di diverse specie: Coenochloris, Chloromonas e Chlamydomonas.
Queste alghe vivono in primavera, e con le acque di fusione della temperatura più mite, emergono in superficie, si moltiplicano ed eseguono fotosintesi colorando la neve bianca delle regioni artiche. Quando emergono dal profondo delle acque artiche si colorano grazie a pigmenti della famiglia dei carotenoidi (come l’astasantina). Per le alghe sono una forma di catalizzatore solare. Il problema si pone quando la colorazione rossa attira i raggi solari ed UVA anziché rifletterli come fa il canonico colore bianco.
E l’assorbimento dei raggi solari facilita la fusione del ghiaccio, accelerando il processo di sparizione della neve. Ed una neve più soffice e morbida aumenta la popolazione delle alghe, con l’instaurazione di un circolo vizioso che terminerà con un disastro ecologico. Il problema è la rifrazione della luce, che è diminuita del 20 per cento negli ultimi anni aumentando allo stesso tempo la capacità di assorbimento.
Nello studio, “Roman Dial ha suddiviso un’area nevosa della penisola di Kenai, in Alaska, in quadrati di 30 metri per lato, che ha irrorato con acqua o con acqua ricca di nutrienti, per incoraggiare la proliferazione di alghe in diversa misura. Nelle aree più densamente tappezzate, il 17 per cento dell’acqua di fusione è stata generata dalla presenza degli organismi che causano la neve rossa”.
Sarebbe troppo semplice dare la responsabilità della neve rossa alle alghe unicellulari. Esse rispondono a delle logiche naturali che l’uomo ha provveduto senza troppi scrupoli ad alterare. Ed il risultato sarà che la neve, con tutta la sua purezza di cui è simbolo, sparirà dalla vista dell’uomo e dall’immaginario collettivo, se non come ricordo lontano.
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