La questione legata alla obsolescenza programmata di elettrodomestici e strumenti digitali e tecnologici sembra essere emersa nella contemporaneità ma in realtà è un problema che l’uomo porta con sé da almeno 100 anni
Se ti è mai capitato di cercare in tutti i modi di tenere in vita il tuo cellulare, o magari la tv, o ancora un elettrodomestico in cucina e renderti tristemente conto che dopo un certo numero di anni questi oggetti semplicemente smettono di funzionare a dovere e costa meno comprarne uno nuovo che non tentare l’ennesima riparazione sei nel pieno di quello che per molte associazioni di consumatori è un danno enorme: la cosiddetta obsolescenza programmata.
Nel mondo contemporaneo l’acquisto di nuovi prodotti e ciò che tiene in piedi tutta l’industria; come emerso da diversi studi e varie indagini, le società sono inclini a tentare qualunque strada per far sì che vengano fatti nuovi acquisti. Compreso programmare e progettare gli oggetti che producono in modo che non durino oltre un certo numero di anni. Ma questa che sembra una questione legata solo alla contemporaneità è un problema che i consumatori si portano dietro dagli Anni Venti.
La prima lotta per la obsolescenza programmata
L’obsolescenza programmata genera profitto. Questo purtroppo è un dato di fatto e la dimostrazione nella vita di tutti i giorni che alle volte, molto spesso anzi, acquistare qualcosa di nuovo costa meno che cercare di fare riparare ciò che uno ha già in casa. Perché le case produttrici non guadagnano allo stesso modo dai pezzi di ricambio come guadagnano dall’acquisto di un oggetto nuovo nella sua interezza. Ed è questa una lezione che i grandi gruppi hanno imparato subito. Negli Anni Venti viene infatti firmato un accordo legato all’energia elettrica, in particolare alle lampadine.
Firmatari di questo accordo alcuni dei più grandi nomi che all’epoca producevano questi oggetti, che stavano portando modernità in tutto il mondo. Il tema dell’accordo, come sarebbe poi emerso a decenni di distanza da quel 1924, era la necessità di fare in modo che le lampadine che all’epoca sfruttavano la tecnologia del filamento centrale non potessero durare all’infinito.
Progettati per rompersi
L’accordo infatti produsse conseguenze per le quali la vendita delle stesse lampadine raddoppiò proprio perché il filamento a loro interno, raggiunta la millesima ora di accensione, immancabilmente cedeva costringendo ad acquistarne di nuove. Si tratta dunque del primo caso documentato di obsolescenza programmata. Un principio che si è mantenuto sotterraneo e che solo adesso viene osteggiato apertamente dalle associazioni dei consumatori.