Si pensava che la produzione di ossigeno avvenisse soltanto con le piante, sulla terra ferma. Invece ha luogo pure nei fondali degli oceani, in maniera del tutto impensabile.
Gli oceani della Terra riservano delle continue sorprese. È vera quella affermazione in ambito scientifico per la quale conosciamo più cose relative alla topografia dei pianeti del Sistema Solare più vicini a noi piuttosto che quella dei fondali marini della nostra casa nello spazio.
Il fatto è che scandagliare i fondali oceanici con continuità è pressoché impossibile, perché si parla di una decina di chilometri di profondità. Lì la luce del Sole non arriva, c’è buio perenne e permane una pressione mostruosa esercitata dal peso dell’acqua. Intorno ai seimila metri di profondità sorgono dei grossi problemi in batiscafi e sottomarini.
Anche se negli anni Sessanta il “Trieste” riuscì a raggiungere una profondità di 10.902 metri restando lì per venti minuti con due uomini a bordo. Impresa poi replicata nei decenni successivi da due batiscafi senza equipaggio e da altri due con equipaggio, tra i quali il “Deepsea Challenger” a marzo 2021, del regista James Cameron e da lui pilotato. Il regista del colossal “Titanic” aveva esplorato il relitto del transatlantico affondato nel 1912.
Non è possibile rimanere per più di qualche decina di minuti sul fondo degli oceani, a causa delle condizioni ambientali estreme. Quindi è assai difficile potere svolgere degli studi in maniera approfondita, al di là di fugaci osservazioni. Eppure una scoperta, e bella grossa, è stata fatta.
Scoperta clamorosa nei fondali oceanici, prodotto ossigeno in modo pazzesco
A parlarne è la rivista specializzata di settore “Nature Geoscience”, la quale ha riportato uno studio compiuto da alcuni biologi scozzesi. Gli esperti, capeggiati dal professor Andrew K. Sweetman della Scottis Association for Marine Science, hanno rilevato una massiccia presenza di una non meglio precisata fonte di ossigeno in un fondale dell’Oceano Pacifico. Tra l’altro situato ad un terzo rispetto a quella che è la profondità massima misurata di quasi 11 km, nella Fossa delle Marianne.
L’ossigeno viene fuori da delle rocce grandi quanto delle melanzane e delle patate, le quali però si comportano in maniera eccezionale. Infatti lì vige una totale oscurità e la produzione di ossigeno scaturisce da queste pietre del tutto uniche nel loro genere. Finora non era mai stato osservato niente di simile in natura.
Questo attesta la capacità, da parte di queste rocce – ed evidentemente in presenza di specifiche condizioni – di produrre della energia geoelettrica. Difatti le rocce in questione producono una tensione elettrica in misura sufficiente a dare luogo ad una scomposizione elettrolitica dell’acqua, dalla quale sorge poi dell’ossigeno molecolare.
La misura di ossigeno riscontrata in un lasso di tempo di due giorni, a quattro km di profondità, è stata di tre volte in più rispetto alla misura consueta. La zona interessata sorge tra l’arcipelago delle Hawaii ed il Messico. E costituisce una scoperta importante in ottica futura.
La scoperta potrebbe davvero riscrivere la storia
L’idea infatti potrebbe essere quella di sfruttare questo principio per l’ottenimento di energia rinnovabile. Quella zona tra l’altro, chiamata “di Clarion-Clipperton”, è ricca anche di giacimenti sottomarino di manganese, cobalto, litio ed altri elementi.
Ed ospita anche un ecosistema con più di cinquemila specie animali non ancora conosciute, come confermato da un altro studio. Ma l’estrazione su larga scala di queste rocce che producono ossigeno pone anche un ulteriore, insormontabile problema.
Ovvero quello legato ai rischi di interferire con la flora e la fauna subacquee locali. Ad ogni modo quello che è venuto fuori è che l’ossigeno può essere prodotto non solo sulla terraferma dalle piante, mediante il processo della fotosintesi clorofilliana. Ma anche in certe profondità degli oceani.
Fortunatamente ci sono persone come questo youtuber famoso che si danno da fare per preservare gli oceani dallo sfruttamento e dall’inquinamento dilaganti.