Quasi un miliardo e mezzo di euro messi a disposizione dalla commissione Europea per ridurre la formazione di azoto e risarcire i proprietari degli allevamenti che ne decidono la chiusura spontanea
La transizione ecologica ormai dà molto da fare alla commissione europea. Gli obiettivi strategici sono principalmente incentrati sulla riduzione dell’anidride carbonica e anche dell’azoto dall’ambiente, di cui gli allevamenti intensivi sono copiosamente responsabili. Da una stima dell’Unione Europea, chiudendo tremila stalle in Olanda, si possono dimezzare le emissioni di azoto entro il 2030.
Questo regime olandese è chiamato LBV, insieme al suo upgrade che è LBV plus. La commissione Europea ha approvato questi regimi il cui budget complessivo è di 1,47 miliardi di euro, quasi un miliardo e mezzo.
I due regimi messi a punto dall’Olanda, possono rimanere in essere fino al 27 febbraio 2028, e le sovvenzioni di risarcimenti sono destinati a piccoli e medi allevatori olandesi. Per avere diritto a una fetta del plafond, questi allevatori devono volontariamente chiudere gli allevamenti che registrino un deposito di azoto al di sopra di determinati livelli minimi. Come spiega la commissione Europea stessa, 500 milioni di euro sono destinati a regime LBV, e utilizzati sotto forma di sovvenzioni dirette che possono raggiungere fino al 100 per cento delle perdite subite dagli allevatori. Mentre il regime LBV plus ha un fondo di 975 milioni di euro, ed è destinato agli allevamenti che decidono di rinunciare alla propria attività. Data la somma più ingente messa a disposizione, si può compensare le perdite subite fino al 100 per cento, condizione necessaria è che gli allevamenti emettano un alto livello di azoto all’anno.
I risarcimenti, che possono arrivare fino al 100 per cento per il primo regime e fino al 120 per cento per il secondo regime, sono sovvenzionati dal fondo di quasi un miliardo e mezzo di euro. Il problema che molti produttori sollevano può essere spiegato in semplici parole. Gli incentivi alla chiusura di allevamenti, potrebbero spingere numerosi allevatori a chiudere il loro impianti, da una parte salvaguardando l’ambiente, dall’altra mettendo a repentaglio il sistema produttivo del settore.
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