Alcuni test hanno dimostrato che l’olio d’oliva rimane integro dopo sei mesi nello spazio. Questo potrebbe contribuire ad arricchire la dieta degli astronauti
Chi si trova in missione nello spazio per molto tempo vive un evidente stress psico fisico. Di cui l’alimentazione limitata è uno dei fattori che incidono negativamente. Purtroppo è necessario che gli astronauti possano consumare solo determinato cibo, che portano in scorta durante le missioni, e che non si degrada nel tempo anche se soggetto a modifiche di pressione, come nello spazio. A seguito di diverse ricerche, sembra che anche l’olio d’oliva potrà entrare nella dieta degli astronauti.
Uno studio, di cui ha fatto parte anche Samantha Cristoforetti, l’astronauta italiana in veste di selezionatrice dell’olio da utilizzare nell’esperimento, ha fatto permanere una bottiglietta di campione di olio da 50 ml nella stazione spaziale internazionale in orbita intorno alla Terra per sei mesi. Al suo ritorno, il contenuto della bottiglietta, esaminato presso il Centro di ricerca olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura del CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, sito in Calabria, ha riportato dei risultati positivi.
Confrontando in laboratorio il prodotto che ha viaggiato in orbita spaziale per sei mesi, con quello rimasto a terra, le analisi hanno rivelato due campioni identici. Ciò significa che il ‘giretto’ nello spazio ha lasciato inalterato il campione di olio sia al livello di degrado dell’alimento che di componenti nutritive. La Nasa commenta in una scheda la riuscita dell’esperimento: “L’olio di oliva rappresenta la principale fonte di grassi nella dieta mediterranea ed è un alimento pregiato dall’alto valore nutrizionale. I suoi effetti salutari si basano sui composti favorevoli all’organismo, tra cui acido oleico, vitamine liposolubili e composti fenolici”.
L’ingresso potenziale dell’olio extravergine d’oliva nella dieta degli astronauti in missione per parecchio tempo nello spazio, non solo migliorerebbe la qualità gustativa della loro dieta, ma contribuirebbe ad alleggerire lo stress psico fisico che chi va in missione necessariamente subisce. Dunque l’esito di questa ricerca per ora ha dato i successi sperati. Verrà replicato per constatare cosa accade oltre i sei mesi di permanenza.
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