Onde e crisi climatica nel Mediterraneo, i cambiamenti degli ultimi 40 anni

I cambiamenti climatici incidono anche sull’altezza delle onde. Il CNR ha contribuito ad una ricerca internazionale per stabilire le mutazioni nel tempo

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Onde (Foto Adobe)

Le onde marittime non solo sono affascinanti, ma anche potenzialmente pericolose. Oltre ad essere un evento che deve essere il più possibile previsto ed evitato durante la navigazione marittima, possono anche assalire bagnanti e sportivi dei giochi d’acqua. Le onde riescono a raggiungere altezze anche superiori a 10 metri, ed è difficile sfuggirvi. Il Mar Mediterraneo, rispetto all’oceano, forma generalmente onde più piccole, ma comunque pericolose. Gli studi sulle onde vengono fatti proprio per riuscire a prevedere gli effetti negativi sull’uomo, specialmente per la navigazione di piccole o grandi imbarcazioni.

Gli studi avvengono negli ultimi anni tramite misulazioni numeriche e strumenti di simulazione delle onde: “Le onde generate dal vento sui mari assumono una particolare importanza poiché modulano lo scambio di energia, calore, ossigeno e anidride carbonica tra l’acqua e l’atmosfera circostante. Negli ultimi anni, la misurazione delle loro caratteristiche attraverso l’utilizzo di strumentazione quali boe e satelliti, è sempre più spesso supportata dall’impiego di modelli numerici, che simulano il clima ondoso in vaste aree marine per lunghi intervalli temporali”. Questo riporta il CNR in un comunicato stampa dell’11 luglio 2022.

Onde, come incide il cambiamento climatico nel Mar Mediterraneo

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Onde (Foto Adobe)

I cambiamenti climatici hanno effetto senza dubbio sull’acqua, riscaldandone la temperatura ed alterando la flora e fauna marittima. Inoltre anche le onde sono influenzate dalla crisi del clima. Si stima che nel mar Mediterraneo le tipologia di onde cambia in base alle stagioni. Con la contrazione delle cosiddette mezze stagioni, ovvero la primavera e l’autunno, si sono rilevati cambiamenti anche nell’altezza delle onde, fondamentali per prevenire tragedie in mare durante la navigazione.

Un gruppo di ricerca dell’Istituto di scienze marine (Cnr-Ismar) e dell’Istituto di scienze polari (Cnr-Isp) del Consiglio nazionale delle ricerche, assieme all’Università dell’Aquila, ha recentemente prodotto una climatologia delle onde nel mar Mediterraneo per il periodo 1980-2019. Ha studiato la variabilità delle onde, il cambiamento e l’entità in condizioni ordinarie ed estreme.

Per la prima volta sono state analizzate le onde individuali più alte, le cosiddette onde estreme, che rappresentano un problema per la navigazione e per le strutture offshore. La ricerca, pubblicata su Frontiers in Marine Science, si è avvalsa delle simulazioni del vento sul mare del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF), nonché di un modello numerico di simulazione dello stato del mare sviluppato dal National center for environmental prediction (NCEP-NOAA), il servizio meteorologico statunitense, appositamente modificato dai ricercatori per ricostruire e prevedere le onde estreme.

Il dataset prodotto è stato poi validato attraverso il confronto con le misurazioni di altimetri satellitari. Le onde invernali hanno raggiunto altezza fino a 12 metri, misura fuori dai canoni del mar Mediterraneo. Mentre in estate si sono riscontrate altezze più basse.

I risultati sono spiegati da Francesco Barbariol, ricercatore del Cnr-Ismar e primo autore dello studio: “In condizioni ordinarie, le onde più alte si trovano nella parte occidentale e meridionale del Mediterraneo nel corso dell’inverno, mentre d’estate sono presenti in quella orientale. Il difficile contesto geografico e orografico gioca un ruolo importante nella formazione delle tempeste: durante quelle di maggiore intensità, nel periodo invernale, le onde raggiungono i valori più elevati, con altezze superiori ai 12 metri nella parte occidentale del Mediterraneo”.

“Questa nuova climatologia evidenzia, negli ultimi 40 anni, un aumento delle altezze d’onda d’inverno e una diminuzione in estate: i moderni strumenti numerici consentiranno di valutare, con un’incertezza sempre minore, se queste tendenze verranno confermate anche in scenari futuri, in un contesto come quello del mar Mediterraneo dove gli effetti del cambiamento climatico si attendono più marcati che altrove”.

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