Operaio contaminato da plutonio all’ex centrale nucleare alle porte di Roma

Incidente di contaminazione da plutonio presso l’ex centrale nucleare di Casaccia: le indagini in corso

Un operaio è stato esposto a una contaminazione da plutonio nell’ex centrale nucleare di Casaccia, situata a circa 25 chilometri a nord-ovest di Roma. La struttura, gestita da Sogin, è al centro di un’indagine da parte dell’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare (Isin), che ha confermato la notizia diffusa in giornata da Ageei, l’Agenzia di stampa sull’energia e le infrastrutture.

Operaio contaminato dal plutonio
Operaio contaminato dal plutonio (Ecoo.it)

Secondo le informazioni iniziali, i livelli di contaminazione riscontrati sull’operaio alla fine del turno di lavoro sarebbero risultati “1000 volte superiori” ai limiti di tolleranza.

Le indagini in corso dopo la contaminazione da plutonio di un operaio

L’Isin, attraverso una nota ufficiale, ha dichiarato di seguire con la massima attenzione il caso di contaminazione verificatosi presso l’impianto Plutonio di Casaccia, dove il lavoratore è stato esposto a livelli di radiazione superiori al consentito. Subito dopo l’incidente, l’Isin ha effettuato una prima ispezione nell’impianto, raccogliendo le dichiarazioni dei responsabili e analizzando la dinamica dell’incidente.

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Contaminazione da plutonio (Ecoo.it)

Sebbene al momento non vi siano evidenti conseguenze gravi, l’autorità ha sottolineato che la vicenda è ancora in fase di accertamento. Una seconda ispezione è già programmata per i prossimi giorni, al fine di capire come si sia potuta verificare la contaminazione.

L’Isin ha anche dichiarato che è fondamentale determinare se ci siano state falle nelle procedure di sicurezza o nella loro applicazione, per identificare eventuali responsabilità. La sicurezza sul posto di lavoro è una priorità nelle attività nucleari e l’incidente ha sollevato domande sul rispetto delle norme di protezione.

Il contesto in cui è stato contaminato l’operaio dal plutonio

L’incidente si è verificato in uno dei più grandi complessi di laboratori e impianti dell’Enea, situato nel comune di Casaccia. Questo impianto, noto come Ipu, è stato costruito negli anni Sessanta per le attività di ricerca sulla produzione di elementi di combustibile nucleare. Dopo la chiusura del programma nucleare italiano, le attività sono cessate e dal 2003 il sito è gestito da Sogin per bonificarlo. Sebbene siano rimasti solo alcuni grammi di plutonio nel sito, la struttura continua a essere monitorata e gestita per prevenire contaminazioni.

Al momento del rilevamento, il medico della centrale ha immediatamente avviato le cure per l’operaio esposto al plutonio. Il lavoratore è stato successivamente messo sotto osservazione sanitaria. Il capo centrale ha informato prontamente le autorità nazionali competenti, avviando il processo di indagine.

I commenti politici dopo l’incidente

In merito all’incidente, la viceministra all’Ambiente, Vannia Gava, ha dichiarato di aver appreso la notizia attraverso fonti stampa. Ha espresso una certa preoccupazione, ma si è detta confortata dalle dichiarazioni della società Nucleco, che si occupa delle bonifiche radioattive per conto di Sogin, confermando che l’azienda è “vicina all’operaio colpito” e sta monitorando la situazione.

Dopo l’incidente, alcuni deputati del Partito Democratico (PD), tra cui Simiani, Peluffo, Di Sanzo, Laus e D’Alfonso, hanno presentato un’interrogazione al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. I parlamentari chiedono di conoscere i dettagli dell’incidente, se il ministro sia stato informato tempestivamente e quali misure urgenti intenda adottare per accelerare l’individuazione del deposito unico nazionale delle scorie radioattive, previsto per il 2039. Secondo i deputati, l’accelerazione della costruzione del deposito è fondamentale per prevenire simili incidenti in futuro.

L’Italia pensa al ritorno al nucleare?

L’incidente di Casaccia è il secondo problema per Sogin negli ultimi mesi. A fine settembre, la procura di Potenza ha chiuso un’inchiesta sulla centrale Itrec, gestita anch’essa dalla stessa società. L’inchiesta ha riguardato la contaminazione delle acque di falda con tricloroetilene e cromo esavalente, un problema che era stato identificato già nel 2014, ma comunicato ufficialmente agli enti competenti solo nel 2015.

Questo caso ha sollevato preoccupazioni sulla gestione e la sicurezza delle operazioni nucleari in Italia, mettendo sotto esame il comportamento di Sogin nella gestione delle emergenze ambientali, proprio nel momento in cui si ragiona nel nostro Paese di un possibile ritorno al nucleare.

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