L’isola formatasi con i detriti di plastica rilasciati nel Pacifico ha raggiunto dimensioni inquietanti, tali da aver sviluppato una comunità fuori dal comune: vediamo meglio di cosa si tratta
La plastica è indubbiamente il materiale più rilasciato nell’ambiente marino in tutto il Pianeta. I prodotti di materia plastica sono arrivati sul mercato globale intorno alla metà del secolo scorso e sono stati presentati come materiali innovativi con caratteristiche mai viste prima. La leggerezza, la plasmabilità, la durevolezza e la resistenza i principali. Il successo è tale che la produzione è aumentata in modo esponenziale e la politica dell’“usa e getta” ha di fatto sommerso l’intero Pianeta di rifiuti di plastica.
I rifiuti rilasciati per mare e per terra, purtroppo, non si degradano e permangono nell’ambiente, causando uno dei principali problemi di inquinamento degli oceani, con numeri che ci parlano di 8 milioni di tonnellate di plastica riversate nei mari ogni anno. Le stime sono apocalittiche e si calcola che vi siano già presenti nelle acque oceaniche più di 5 bilioni di residui di plastica. I detriti si accumulano e si compattano in grandi chiazze che assumono sempre più i connotati di “isole”.
La vita sull’isola di Plastica
Tra le chiazze di materie plastiche, che si sono rilevate negli oceani, la più tristemente famosa è quella che si è determinata nell’Oceano Pacifico. Ha raggiunto dimensioni tali da essere considerata alla stregua di un piccolo continente, grande ben 5 volte l’Italia. Ma la Great Pacific Garbage Patch presenta un’anomalia a dir poco inconsueta rilevata dagli scienziati. E’ stata infatti riscontrata la presenza di animali costieri che hanno creato un vero e proprio ecosistema atipico.
La presenza di animali sull’isola di Plastica che, non solo sopravvivono, ma interagiscono con l’ambiente marino, decretando di fatto una vera e propria comunità a sé stante, è un fatto senza precedenti. Gli studiosi hanno identificato 500 organismi differenti presenti sull’enorme chiazza di detriti che sono rappresentavi di ben 46 specie costiere. Il territorio di plastica, sul quale hanno deciso di vivere anemoni, briozoi e crostacei, si estende per circa 1,4 milioni di chilometri quadrati. Le analisi degli scienziati rilevano sui campioni raccolti colonie intere di organismi marini letteralmente precipitati sull’isola dopo il devastante tsunami del 2011 del Giappone.
La sopravvivenza
Le specie ritrovate in questo particolarissimo habitat, creatosi nell’Oceano Pacifico, sono taxa costieri che presentano una capacità di sviluppo diretto e una tipologia riproduttiva asessuata. Questi i motivi per i quali per questi organismi è stato possibile sopravvivere su di un territorio in assenza di substrato. Le specie della costa sono quindi entrate in competizione con le specie pelagiche ed hanno dato vita ad un incredibile nuovo ecosistema con tutte le caratteristiche proprie di questi habitat che vanno analizzate dai biologi marini per studiarne meglio le dinamiche e le risultanze.