In molti, ancora adesso, non associano la padella antiaderente (quella col fondo nero, per intenderci) solo alla cucina sana a cottura naturale. Dal 2006, quando era esplosa negli Stati Uniti la notizia che le padelle antiaderenti fossero cancerogene, è stato difficile togliersi questa cosa dalla testa. A quattro anni di distanza, l’acido perfluoroattanico (o, più semplicemente, Pfoa) torna a far parlare di sé: sembrerebbe infatti che da uno studio condotto da un gruppo di ricerca della University of Exeter (pubblicato poi sulla rivista Environmental Health Perspectives), concentrazioni elevate di questa sostanza nel sangue sviluppano la possibilità di contrarre malattie alla tiroide. Con un rischio doppio per il genere femminile.
Sebbene gli esperti invitino a non farsi prendere dalla psicosi, a loro detta infondata (“Il Pfoa, la sostanza sotto accusa, viene usato solo come agente emulsionante durante il processo di produzione del teflon e non è presente nel prodotto finale, ovvero nelle padelle“), nel 2008 erano state dettate delle semplici avvertenze per ovviare a qualsiasi dubbio o rischio.
Antonio Pastore, Direttore della Clinica di otorinolaringoiatria all’azienda ospedaliera universitaria Arcispedale Sant’Anna di Ferrara, sostiene infatti che “Il Pfoa è una sostanza che diventa instabile e può sprigionarsi ad alte temperature per cui l’unica avvertenza davvero importante è quella di usare i tegami in teflon correttamente: non bisogna mai cucinare con padelle graffiate, che vanno buttate. E sarebbe meglio evitare di usare le antiaderenti per cotture a elevate temperature, tipo griglia“.
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