Le pratiche che mettono al centro l’imitazione della natura possono soccorrere gli agricoltori alle prese con la siccità. Cos’è la permacultura
Il ritorno a ritmi produttivi più naturali che assecondino i cicli preantropizzati ed intervengano il meno possibile sull’ecosistema è un concetto già sperimentato e messo in pratica da decenni. Ancora troppo poco. Deve lottare contro le logiche produttive del tutto e subito, di cui i consumatori esigenti sono pienamente correi. La biodinamica, la permacultura, ed altre pratiche simili si possono raggruppare in un termine coniato recentemente: agroecologia. Che in alcuni campi è una forma di ossimoro. La monocoltura e la produzione intensiva, che succhiano linfa vitale dal suolo e non ne restituiscono, per definizione contrastano i principi dell’agroecologia. Il risultato? Un inaridimento progressivo ed incalzante che uccide la biodiversità dei suoli e li rende sempre più bisognosi di acqua per sopravvivere.
Tuttavia in un momento storico dove il bene primario, l’acqua, scarseggia, l’agricoltura tradizionale è entrata in crisi, e non riesce più a soddisfare le richieste del mercato. L’acqua si bilancia naturalmente con la presenza del suolo permeabile e con l’ecosistema. Tuttavia irrigare un suolo arido e costantemente trattato è molto più complicato. Ed i nodi ora vengono al pettine. Molte aziende agricole stanno praticando con fatica ed anche impegno notevole metodi di coltivazione alternativi, dove anche l’impiego delle risorse idriche è minore. La permacultura contiene in sé principi che potrebbero aiutare l’agricoltura anche in un periodo di siccità.
Sostanzialmente la permacultura è un metodo di coltivazione che imita in tutto e per tutto la natura. Quindi varietà delle specie coltivate ed anche intervento umano minimo se non assente. Il termine permacultura è una contrazione italiana di “permanent agriculture”, un modo per raccontare come rendere le piante utili all’uomo perenni e permanenti. Come? Eliminando del tutto o quasi l’intervento umano. Le tre parole chiave sono cura della terra, delle persone e condivisione delle risorse. Il contrario di ciò che è stato fatto finora. Sono dei principi etici non esclusivamente ideologici, ma dati da esigenze umane. Il rispetto della terra consente ai cicli naturali di rigenerarsi autonomamente, richiedendo sempre meno risorse da parte dell’uomo.
I terreni aridi necessitano di molta acqua. La biodiversità, con gli insetti ed animali che la abitano, rende il suolo soffice e permeabile. In questo modo, l’acqua piovana, anziché scivolare via viene trattenuta dal terreno per essere riutilizzata poi. Quindi la prima strategia per avere acqua sufficiente è di avere un elevato contenuto di materia organica nel terreno. La seconda è di tenere il suolo sempre coperto con la pacciamatura, ovvero la copertura con foglie o fieno per impedire la crescita di erba infestante. La terza manovra è di collocare le piante in base alla loro necessità di acqua. Quelle che ne richiedono di più vengono piantate nelle porzioni di suolo più umide, a decrescere in base alle specificità della pianta.
La quarta strategia per ridurre lo spreco di acqua è di piantare in maniera molto fitta, per tenere il terreno ombreggiato ed evitare l’evaporazione della risorsa idrica. La quinta ed ultima strategia consiste nel modificare la topografia del terreno tramite fossi livellari, stagni e terrazzamenti per veicolare l’acqua dove ce ne sia più bisogno.
L’apporto della permacultura può essere essenziale per contrastare la siccità nel settore agricolo. Andrebbe incentivata, così come tutta l’agroecologia. Ma per il momento rimane reclusa in piccole attività indipendenti dalla grande distribuzione che nel proprio lavoro mettono passione, rispetto per la terra e principi etici.
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