Il ballottaggio tra sostenibilità e forzatura eccessiva dell’essere umano ha un confine molto sottile. Il pesce coltivato può essere una soluzione alla crisi degli oceani
Il mercato ittico è uno dei settori alimentari che maggiormente contribuiscono alla depauperazione della fauna ed allo svuotamento degli oceani. Alla base del problema un fabbisogno sempre crescente di pesce per sfamare la popolazione alimentare. La FAO stima che la domanda di prodotti ittici sarà di 28 milioni di tonnellate nel 2030 su scala mondiale. E questo non è più sostenibile. La ricerca biotecnologica corre in soccorso per cercare di riportare in auge un mercato che rischia di saturarsi a breve. Il pesce creato in vitro è un progetto sperimentato da anni, che potrebbe a breve arrivare nei supermercati.
Oltre alla domanda crescente di pesce, ed alle problematiche relative allo svuotamento ed alterazione della fauna marina, il pesce coltivato permetterebbe l’accesso anche alla fascia di mercato che acquista prodotti “cruelty free“. Non si sa, e non è stato neanche studiato, come vegetariani e vegani potrebbero accogliere il pesce in vitro, ma potrebbe essere una spinta verso la sostenibilità del consumo alimentare. È chiaro che i consumi del pianeta, dal settore energetico a quello alimentare, sono superiori alla capacità della natura di soddisfarli. Tuttavia un intervento così invasivo nell’alimentazione potrebbe far nascere polemiche sull’eccessivo allontanamento dallo stato naturale dell’individuo.
Bluu Seafood, azienda pionieristica e leader del settore del pesce coltivato, ha presentato polpette e crochette di pesce in vitro da immettere nel mercato. Sono composte di pesce coltivato in parte ed arricchite con proteine vegetali per migliorare la cottura e la sensazione al palato. Un prodotto industriale che di naturale non ha molto, se non qualche ricordo delle proprietà alimentari del pesce. Per il momento si attende l’approvazione per l’immissione sul mercato. Bluu Seafood dichiara che si è vicini “all’approvazione iniziale e al lancio sul mercato a Singapore entro la fine del 2023, poiché il processo normativo è già ben definito. La company richiederà l’approvazione anche negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell’Ue”.
Si deve considerare, quando si parla di sostenibilità, che esso è un concetto complesso, che riguarda anche i diritti umani, come la capacità di sfamarsi. Il pesce coltivato avrebbe dei costi di produzione molto alti che inevitabilmente taglierebbero fuori dall’acquisto una grande fetta della popolazione mondiale.
L’intento della compagnia tedesca è di vedere i suoi prodotti nei supermercati europei entro il 2025. Il pesce coltivato è realizzato grazie ad esperimenti di alta biotecnologia. Vengono estratti i tessuti da un pesce vivo, poi attraverso la tecnologia delle cellule staminali.
Poi si creano “cellule duplicate nutrendole con un “mezzo ricco di nutrienti” in un bioreattore. Le cellule iniziano quindi a crescere su strutture di impalcature per aiutarle a dare loro la giusta consistenza della carne di pesce”. A quel punto la produzione è autosufficiente e va avanti da sé, senza il bisogno di pesci pescati o allevati.
Si può affermare senza troppi indugi che questo pesce più che coltivato è creato. La sottile differenza che passa tra le due pratiche mette in luce la direzione verso cui si sta andando nel settore alimentare. E non è solo la sostenibilità a chiederla. Anche un mercato che non sa più come soddisfare la domanda crescente di prodotti che scarseggiano in natura. Ed allora si “creano”.
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