Esisterà davvero il pesce stampato in 3D, in versione vegana, per migliorare la sostenibilità di specie la cui domanda è maggiore dell’offerta.
Quando si va al mare, o si vuole fare una cena speciale, è consuetudine consumare del pesce. La materia prima però è piuttosto scarsa. Specialmente se si tratta di frutti di mare. I cambiamenti climatici e la coltura intensiva stanno impattando molto sul mercato ittico. Innanzitutto perché la monocoltura di frutti di mare ha come conseguenza diretta la modifica della fauna marina, con la sterilizzazione dell’habitat e l’incursione di specie aliene, che in precedenza non esistevano.
Inoltre, i cambiamenti climatici hanno impattato non poco su questo tipo di allevamenti, che risulta essere sempre più esiguo. Se a questi elementi si aggiunge il fatto che la popolazione mondiale è in aumento, e che specialmente in alcuni Paesi il consumo di pesce e di molluschi è quotidiano, allora si arriva facilmente all’insostenibilità dell’allevamento dei molluschi su scala mondiale. Insostenibilità ecologica ed insostenibilità del mercato. Ed allora direttamente da Singapore, arriva la soluzione: pesce stampato in 3D. In cosa consiste?
Ad aggravare la situazione esistente si deve aggiungere il fattore dell’inquinamento degli oceani, da metalli, plastica, prodotti chimici, mercurio e microplastiche. Questo rende sempre più a rischio la sicurezza alimentare quando si mangia del pesce, specialmente se di taglia grande, che a sua volta mangia una serie di piccoli pesci inquinati.
Ed allora dall’Università di Singapore un nuovo progetto ha deciso di mettere a punto il pesce in 3D. Si tratta di ‘stampare’ con una stampante 3D, del pesce a forma di mollusco su un materiale composto di alghe e legumi. La tecnologia e la biologia poi adattano il sapore a quello del pesce. Dunque niente composto animale. Questa innovazione potrebbe essere brevettata a breve.
Certo, manca la componente nutrizionale. Nonostante le alghe provengano dal mare, ed abbiano diverse proprietà nutritive ottimali, gli omega 3 presenti nel pesce non sono equiparabili. La domanda è: perché si deve ricorrere ad un mercato alimentare ‘stampato’? Non sarebbe meglio arrendersi all’idea che non si può avere qualsiasi cosa in qualunque momento e che le risorse limitate devono essere ripartite per nutrire tutta la popolazione?
Senza dubbio questa scoperta e questo brevetto potrebbero far nascere delle polemiche. Principalmente da parte delle industrie del settore ittico, ma anche da parte dei nutrizionisti. E non è detto che gli ambientalisti siano d’accordo. Certo, il pesce vegano, come anche la carne coltivata, non ‘scomodano’ gli animali. ma in una visione più ampia dell’ambiente, che non protegge solo gli animali ma tutto l’ecosistema, che impatto ha la produzione completamente industriale di carne e pesce?
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