Piantare alberi non è la soluzione alle emissioni: cosa dovremmo fare per tentare di contrastare il problema del surriscaldamento globale
Abbiamo sempre ascoltato e letto – nei vari telegiornali, così come attraverso i magazine online – che piantare alberi sia una delle soluzioni più adeguate in termini di lotta al cambiamento climatico e, più in particolare, in termini di contrasto del surriscaldamento globale. Un recente studio condotto dagli esperti Alessandro Cescatti e Caspar Roebroek del Joint Research Centre di Ispra, tuttavia, avrebbe dimostrato la totale inadeguatezza di un simile meccanismo.
Le foreste, che pur svolgono una funzione indispensabile a livello di assorbimento dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera, non sarebbero affatto la soluzione che porterebbe ad una eliminazione del problema dalle fondamenta. I dati raccolti dagli esperti, nello specifico, prospettano uno scenario drammatico da qui ai prossimi anni. A quanto pare, non saremmo ancora arrivati a comprendere attraverso quali armi combattere la battaglia più dura di tutte.
Il pianeta in cui viviamo ci lancia segnali inequivocabili ogni giorno, arrivando a farci avvertire la portata incommensurabile del nostro cattivo operato attraverso quella lunga serie di catastrofi naturali che stanno mettendo in ginocchio non solo l’Italia, ma l’intero mondo. Abbiamo sempre creduto che le piantagioni di alberi potessero contribuire alla sfida rappresentata dal surriscaldamento globale. In realtà, uno studio condotto dai ricercatori Alessandro Cescatti e Caspar Roebroek ha rivelato quanto sia di gran lunga più complicata la tematica in questione.
Se le foreste esistenti potrebbero aiutare a contrastare le (sempre maggiori) emissioni di CO2 nell’atmosfera per un massimo di quattro anni, quelle che continuano ad essere piantate in ogni parte del pianeta, in un’ottica futura, non contribuiranno di certo alla causa. Perlomeno, non in maniera incisiva.
Per quanto gli alberi risultino fondamentali in termini di assorbimento di anidride carbonica, la quantità di CO2 che le attività umane arrivano ad immettere nell’atmosfera è fin troppo vasta per poter essere dominata attraverso il meccanismo del ripristino delle foreste.
Tra l’altro, come osservato dagli studiosi, vi sarebbe un ulteriore, drammatico errore che tenderemmo a compiere nei confronti degli agglomerati di alberi già esistenti. Un errore che, di fatto, impedisce alle foreste di eseguire al meglio la loro normale funzione di immagazzinamento di anidride carbonica e rilascio di ossigeno.
Oltre ad essere insufficienti in termini di lotta al surriscaldamento globale – dato il livello sempre maggiore di inquinamento che il nostro operato arriva a generare -, le foreste non riuscirebbero a lavorare “a pieno regime” proprio a causa dell’attività antropica. Gli esperti che hanno condotto lo studio sopracitato parlano chiaro: se smettessimo di interferire con le normali funzioni degli alberi, quest’ultimi aumenterebbero la loro capacità di assorbire CO2 del 15%.
Anche questa soluzione, tuttavia, si rivelerebbe di fatto inefficiente di fronte alla problematica – sempre più reale e incombente – del cambiamento climatico. Sono ben altre, concludono gli esperti, le strade che la comunità internazionale dovrebbe impegnarsi a percorrere al fine di continuare a disputare questa partita.
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