Nel Bel Paese il pomodoro è l’ortaggio più consumato e amato, soprattutto quando è di produzione italiana: perché conviene scegliere i pomodori nostrani?
Perché consumare prodotti importati quando ne abbiamo di nostrani? Perché optare per frutta e verdura fuori stagione, quando c’è una così ampia scelta di ortaggi di stagione da consumare durante tutto l’anno? Partendo da questi presupposti, sempre più consumatori optano per prodotti di produzione italiana e, preferibilmente, a chilometro zero.
Questa filosofia di vita, in effetti, si inserisce alla perfezione in un’ottica di sostenibilità, poiché consumare prodotti locali permette di abbattere i costi sia in termini economici che di emissioni dannose per l’atmosfera, dovute ai lunghi trasporti. Durante la stagione estiva, ad esempio, la produzione di frutta e verdura vola alle stelle e, in Italia, non manca certo il modo di acquistare prodotti nostrani!
Produzione italiana di pomodori: raccolti ridotti
Prendiamo il pomodoro, ad esempio, l’ortaggio in assoluto più amato nel Bel Paese: in Italia esistono 300 varietà di pomodoro vendute sul mercato, che sono solo una parte infinitesimale delle oltre 75mila varietà di questo frutto (ebbene sì, il pomodoro da un punto di vista botanico è un frutto) oggi conosciute nel mondo. Questo ortaggio è divenuto parte integrante della nostra cucina e caratterizza piatti tipici quali ad esempio la celebre pizza margherita.
Ma non divaghiamo: stavamo parlando dei pomodori di produzione italiana, che nel corso del 2023 hanno subito un drastico calo e quindi necessitano del supporto dei consumatori. Soprattutto a causa del cambiamento climatico, infatti, i raccolti non hanno raggiunto le cifre sperate, mettendo in difficoltà migliaia di aziende coinvolte nella filiera produttiva. Ci basti pensare che, secondo una stima effettuata da Coldiretti, il ciclo completo di produzione del pomodoro coinvolge circa 7mila aziende agricole, per guadagni di oltre 4 miliardi di euro all’anno.
Pomodori sostenibili: attenti alla provenienza
Ciò ha comportato un aumento dei prezzi del prodotto finale, che risulta più esoso rispetto alle alternative provenienti ad esempio dalla Cina. A fronte di un prezzo più basso, però, dobbiamo considerare alcuni fattori: primo tra tutti le condizioni di sfruttamento dei lavoratori che si occupano di coltivazione e raccolta dei pomodori.
In Cina sono spesso i membri della minoranza musulmana Uiguri a essere sfruttati nei campi di pomodoro: pensiamo soltanto che dalla regione di Xinjiang, ove vivono numerose comunità islamiche, arrivano decine di migliaia di tonnellate di pomodoro, che è sì più economico, ma a quale prezzo, in termini di diritti umani?