Dal Ministero della Difesa britannico fanno sapere che invieranno proiettili all’uranio impoverito in Ucraina e Mosca risponde con la minaccia nucleare.
La notizia che la Gran Bretagna invierà proiettili all’uranio impoverito in Ucraina, in un primo momento, è passata inosservata. A dichiararlo è stata infatti la baronessa Annabel Goldie, viceministro della Difesa nel Regno Unito, durante una riunione secondaria della Camera non elettiva dei Lord. Poi i media ucraini hanno diffuso la notizia e a quel punto Mosca ha risposto minacciando uno scontro nucleare imminente in risposta all’intervento britannico nello scontro russo-ucraino.
L’uso di questo tipo di proiettili è infatti pensato contro i veicoli corazzati moderni, poiché l’uranio impoverito, derivato dal procedimento di arricchimento dell’uranio nelle centrali nucleari, è particolarmente duro e ha un’alta densità. Inoltre è di facile reperimento e ha un costo relativamente contenuto. La questione ha però suscitato numerose controversie, non solo da parte dei vertici russi ma da associazioni internazionali che si sono dette preoccupate dall’uso di questo materiale.
L’uranio impoverito è infatti radioattivo e ad alta persistenza ambientale. E nonostante non esistano leggi internazionali ufficiali a vietarne l’utilizzo c’è chi parla addirittura di potenziale crimine di guerra. Nel corso dei decenni questo elemento radioattivo ha infatti provocato danni incommensurabili, ad esempio in Iraq, in Afghanistan e nei Balcani.
Al ritorno dalla guerra i soldati che erano stati esposti ad armamenti arricchiti con uranio impoverito accusavano “malattie misteriose” (poi ribattezzate sindrome della guerra del Golfo e sindrome dei Balcani). Mentre un articolo pubblicato nel 2013 ha dimostrato un aumento esponenziale di nascite con malformazioni nei paesi interessati dalle guerre del ’91 e del 2003.
Ad oggi l’Anvui, Associazione Nazionale delle Vittime di Uranio Impoverito, riporta l’emissione di centinaia di sentenze emesse contro il Ministero della Difesa rispetto alle morti dei soldati di ritorno dalle missioni di pace internazionali in Iraq, Bosnia, Kosovo, Somalia e Afghanistan. Ammalatisi di cancro a causa dell’esposizione al materiale radioattivo, molti di loro hanno perso la vita e le loro famiglie continuano a portare avanti una battaglia che ancora non è finita.
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