La nuova Pac (politica agricola comune) stabilita dall’Ue non fa sconti: stop alla coltivazione di grano e mais in Pianura Padana e Puglia. I motivi a monte della decisione.
La nuova Pac (politica agricola comune) imposta da Bruxelles non fa sconti. Nemmeno ad un territorio come l’Italia, in cui il clima mediterraneo e le caratteristiche del terreno rendono particolarmente florida la coltivazione di cereali quali grano e mais. Nel 2024, zone come la Pianura Padana e il Tavoliere delle Puglie saranno costrette ad interromperne la produzione.
Una decisione che l’Unione Europea ha preso con l’intento di ridurre lo sfruttamento e l’impoverimento del suolo. Come spiega un articolo del Corriere della Sera, le nuove direttive interesseranno le aree sopra indicate e dovranno essere rispettate a fasi alterne. Nel 2024 si comincerà con un periodo di stop, per poi riprendere, l’anno successivo, con la coltivazione di mais e grano fino ad una nuova interruzione, prevista per il 2026. E così via.
Di certo, un cambiamento di simile entità andrà a beneficio dell’ambiente e della biodiversità, ma metterà anche in seria difficoltà aziende ed imprese che da decenni si occupano della produzione dei suddetti cereali. Un’imposizione, in sostanza, che merita di essere approfondita in tutti i suoi vantaggi e le sue criticità.
L’Unione Europea ha parlato più che chiaramente: stop alla produzione di grano e mais nelle zone della Pianura Padana e del Tavoliere delle Puglie. Quest’ultima, nella fattispecie, è un’area situata nel nord della regione, caratterizzata da una vasta superficie pianeggiante che si estende fino al golfo di Manfredonia.
Le nuove direttive imposte da Bruxelles in tema di agricoltura saranno valide a partire dal 2024. In sostanza, si tratta di un obbligo di avvicendamento del suolo che risponde agli obiettivi della nuova Politica agricola comune.
Al fine di salvaguardare la biodiversità delle colture ed evitare con ogni mezzo necessario il depauperamento del terreno, aree come la Pianura Padana e il Tavoliere delle Puglie non potranno più essere sfruttate per la sola ed unica produzione di cereali.
E così, per tutto il 2024, le aziende dovranno astenersi dalla coltivazione di grano e granturco, per poi riavviare la produzione nel 2025 ed interrompersi nuovamente l’anno seguente.
Una decisione che Bruxelles ha preso dopo aver incassato innumerevoli critiche rispetto alla questione del “suolo malsano europeo” (una tra tutte, quella fatta pervenire dalla Corte dei Conti). E che, come da previsioni, porta con sé una lunga serie di vantaggi e di punti a sfavore.
Senza ombra di dubbio, lo stop che la nuova Pac ha imposto alla monosuccessione mira a tutelare l’ambiente, con particolare riguardo nei confronti del suolo e della biodiversità. Innegabili, a tal riguardo, sono i vantaggi che le direttive Ue procurerebbero in termini esclusivamente green.
A partire dalla salvaguardia del suolo, il quale, se sfruttato continuativamente per la coltivazione dei medesimi prodotti, rischia di impoverirsi e di perdere la propria fertilità di anno in anno. Da non trascurare i danni che la monosuccessione provoca in termini di biodiversità, imponendo la produzione esclusiva di determinate colture a scapito di altre, le quali rischiano di scomparire letteralmente dalle nostre tavole.
Ma le problematiche che la nuova Pac promette di causare alle aziende agricole sono altrettanto onerose. Sono di natura economica, nella fattispecie, i danni che la normativa concernente l’avvicendamento del suolo non mancherà di procurare alle imprese che, del mais e del grano, avevano fatto il fiore all’occhiello della loro filiera produttiva.
“L’Unione europea, come spesso accade, pone maggiore attenzione all’ambiente e meno al mercato“: queste le parole con cui Vincenzo Lenucci, responsabile Area economica e Centro studi di Confagricoltura, ha descritto la situazione che, in Pianura Padana e presso il Tavoliere delle Puglie, si prospetta per il 2024.
Una batosta che, se da un lato mira a tutelare il patrimonio ambientale europeo, dall’altro rischia di mettere in seria difficoltà le imprese che si occupano di coltivare grano e granturco. E i danni al settore, tra l’altro, non si arresterebbero soltanto al dimezzamento dei raccolti in sé per sé.
A dover pagare il prezzo della nuova Pac saranno anche tutte quelle filiere che dai suddetti prodotti dipendono (in primis quella della pasta). Le imprese agricole – che hanno sottoscritto particolari contratti con le realtà che sono obbligate a rifornire – stanno dunque per affrontare il cambiamento più drastico ed impattante mai avvenuto nel settore.
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