Di recente, gli esperti dell’Epic hanno condotto uno studio analizzando i rischi per la salute della popolazione derivanti dall’inquinamento atmosferico.
Un nuovo rapporto evidenzia quanto sia pericolo l’inquinamento atmosferico per la salute della popolazione. L’esposizione alle sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera, difatti, aumentano il rischio di insorgenza di patologie, anche gravi.
L’allarme questa volta arriva dall’Epic (Energy Policy Institute) dell’Università di Chicago che ha dimostrato come i rischi per la salute derivanti dall’inquinamento atmosferico siano più alti rispetto a quelli provocati dal fumo e dal consumo di alcool in alcune zone del mondo.
Gli esperti dell’Epic hanno effettuato un nuovo studio sulla qualità dell’aria a livello mondiale. I risultati hanno dimostrato come vi sia un maggior rischio di sviluppare patologie con l’esposizione alle sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera piuttosto che con il fumo o con il consumo di alcol.
Secondo l’analisi questi rischi, come riporta la redazione di Tgcom24, sarebbero più alti in alcune zone dell’Asia e dell’Africa, dove l’inquinamento atmosferico è molto più alto rispetto ad altre zone. Questo, dunque, rappresenterebbe la minaccia più forte per la salute della popolazione. Tra le patologie che possono svilupparsi per via delle particelle inquinanti vi sono cancro, ictus, malattie cardiache e polmonari.
Inoltre, sempre secondo gli esperti dell’Università di Chicago, in paesi come Repubblica Democratica del Congo e Camerun, l’inquinamento dell’aria riduce le aspettative di vita molto più di malattie come la malaria, la tubercolosi o l’Hiv.
Secondo lo studio dell’Epic, la zona con la peggior qualità dell’aria a livello globale sarebbe l’Asia meridionale, basti pensare che senza l’inquinamento atmosferico l’aspettativa di vita dei cittadini del Bangladesh salirebbe di quasi 7 anni. Nuova Delhi, invece, rappresenta la megalopoli più inquinata dell’intero Pianeta.
Ottimi risultati, invece, per la Cina capace di ridurre l’inquinamento dell’aria del 42,3% in soli 8 anni, tra il 2013 e il 2021, ma nonostante ciò i livelli sono più alti di quelli indicati dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità). Anche in Europa e negli Stati Uniti si sono registrati dei significativi miglioramenti.
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