Il cambiamento climatico influisce negativamente sulle coltivazioni e ora la produzione vinicola è a rischio di scomparsa.
Quella del cambiamento climatico è una realtà che ogni giorno si palesa sempre più chiaramente davanti ai nostri occhi. Le conseguenze di inquinamento e surriscaldamento globale mettono a rischio non soltanto la sopravvivenza di specie animali e vegetali, ma comportano scompensi ed emergenze anche per l’uomo e i suoi insediamenti antropici. Per questo motivo gli esperti stanno spingendo per la transizione energetica e gli enti nazionali e internazionali stanno promuovendo iniziative volte a sensibilizzare i cittadini e a ridurre le emissioni di gas serra.
Il Green Deal voluto dall’Unione Europea per gli Stati membri ne è un esempio lampante: del piano fanno parte numerosi adempimenti da raggiungere entro i prossimi anni e decenni, ad esempio l’eliminazione dei contenitori alimentari usa e getta, quella delle pellicole in plastica per gli imballaggi. Ma anche lo stop alla vendita di macchine con motori termici a partire dal 2030 e alla loro circolazione a partire dal 2050, per prediligere invece i veicoli elettrici o sostenibili.
Produzione vinicola a rischio: la causa è l’aumento della temperatura mondiale
Nella vita di tutti i giorni il cambiamento climatico ha conseguenze negative anche sulla nostra economia. Pensiamo ad esempio alla produzione vinicola, sempre più a rischio a causa dell’aumento della temperatura mondiale. Stando ai dati raccolti dall’Inrae, l’Istituto nazionale francese di ricerca agronomica, 2 gradi in più entro il 2050 potrebbero significare la scomparsa di oltre il 56% delle attuali aree vinicole globali. Inutile dire che i Paesi mediterranei finirebbero per risentire in maniera più evidente di questa condizione.
In particolare la Spagna e l’Italia potrebbero perdere rispettivamente il 68% e il 65% di terreni coltivabili a viti in uno scenario di aumento della temperatura media di 4 gradi entro il 2100. Tali prospettive per il futuro ci pongono davanti a due questioni:
- come invertire il trend di surriscaldamento globale;
- come affrontare il cambiamento climatico che è già in atto.
Rispetto alla prima domanda si è già accennato ai piani promossi dalle autorità internazionali. Per quanto riguarda la seconda, invece, si può pensare di ricalibrare la produzione vinicola in modo da affrontare l’alterazione delle temperature.
Soluzioni a breve e lungo termine: come salvare il vino?
In alcuni casi si prende in considerazione la possibilità di spostare l’area di produzione di un determinato prodotto ad altitudini maggiori. Un esempio è la produzione di Barolo sulle Alpi o quella di Champagne nel sud dell’Inghilterra. Queste soluzioni aprono però le porte a una serie di problemi logistici, dovuti alla mancanza di infrastrutture dedicate.
E alla possibilità che le viti risentano del riposizionamento, comportando la produzione di vini di qualità inferiore alla norma. In altri casi si adottano misure quali il ridurre la sfogliatura o ritardare la potatura, oppure l’uso di caolino (un tipo di argilla che ha il potere di riflettere i raggi solari) o di reti ombreggianti per ridurre l’esposizione al sole.
Vini meno aromatici: bisogna invertire questo trend
Ma a questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda: “non sono proprio sole e calore a fare l’uva buona per il vino?”. Se da una parte un’estate eccessivamente calda comporta uve ricche di zuccheri, dall’altra l’alta temperatura accelera la maturazione degli stessi, a discapito della maturità aromatica.
In altre parole si rischia di ottenere vini particolarmente alcolici e zuccherini, ma poveri in acidi, aromi e composti fenolici, considerati fondamentali nella produzione di vini di alta qualità. Insomma, a causa del cambiamento climatico, il vino così come lo abbiamo sempre conosciuto rischia di sparire dalle nostre tavole e la necessità di intervenire sulla questione ambientale diventa sempre più evidente.