Il rafano e il wasabi fanno parte della stessa famiglia di piante e sono simili nell’aspetto. Tuttavia, non possono essere considerate uguali, ecco perchè
Il rafano è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Cruciferae che quando cresce in pieno campo assume l’aspetto di un grande cespuglio. Allo stato selvatico agisce come un’infestante. Tuttavia, la sua radice essendo molto carnosa è molto utilizzata in cucina. Del rafano si utilizza soprattutto la radice con un caratteristico sapore piccante e un aroma particolarmente intenso che ricorda in parte quello della senape. In minor misura vengono utilizzate anche le foglie.
In Italia il rafano è conosciuto con il nome di cren ma in quasi ogni regione viene chiamato in modo diverso. Nel dialetto ligure, ad esempio, si dice ravanasso, in quello piemontese ravanet e in Emilia crein. Il dialetto toscano lo ribattezza barbaforte o erba da scorbuto mentre nel dialetto umbro viene chiamato pizzica lingua.
Perchè wasabi e rafano non sono la stessa cosa
Nonostante le due radici abbiano origine dalla pianta della stessa famiglia, le due radici non sono la stessa cosa. Capita spesso di imbattersi in testi che descrivono il rafano e il wasabi come una sorta di coltivazione differente della stessa pianta. Il wasabi, il cui nome botanico è Wasabia japonica, non è la versione verde del rafano. In comune hanno la caratteristica di essere due radici piccanti utilizzate in cucina e qualche somiglianza di gusto.
Leggi anche: Barbabietola rossa: tutte le proprietà benefiche di questo tubero
Attenzione all’utilizzo in cucina: la radice del rafano intera e con la buccia ha un profumo debole. Se però si schiaccia, si taglia o si grattugia libera un’essenza piccantissima dall’odore acre e pungente che può provocare irritazione alle mucose e una forte lacrimazione.
Leggi anche: Se hai buche in giardino puoi risolvere facendo così
La radice del rafano inoltre contiene vitamina C e minerali come sodio, calcio e magnesio. Preziosa nelle malattie delle vie biliari è molto efficace nella cura del raffreddore o nelle sindromi influenzali. Il suo olio essenziale, fortemente aromatico, favorisce la secrezione dei succhi gastrici aiutando la digestione e stimolando l’appetito.