Referendum sull'acqua: a un anno dal voto cosa è cambiato?

referendum acqua un anno dopo

Dal referendum sull’acqua, tanto discusso, è passato esattamente un anno. Gli Italiani hanno votato lo scorso 13 giugno per impedire che l’acqua, bene primario per la nostra vita, diventasse in realtà un bene privatizzato, sottoposto alle azioni di società private, che avrebbero reso l’acqua come un qualsiasi altro elemento oggetto di compravendita. E’ passato un anno da quel risultato straordinario, il raggiungimento del quorum ad un referendum, evento che non accadeva praticamente da 16 anni in Italia.

L’Italia ha detto no all’acqua privatizzata e finalmente si poteva pensare a risolvere alcuni problemi. Uno dei quesiti referendari parlava infatti di una voce presente nella bolletta dell’acqua, quella relativa alla remunerazione del capitale investito.
Una voce molto tecnica, che sicuramente chi non è nel settore non può capire, ma che si traduce in realtà nel pagamento di soldi in più per gli utenti. Questa voce, passato il referendum, non dovrebbe essere più presente nella bolletta.
Ma le cose non sono andate in questo modo, visto che quella voce, la “remunerazione del capitale” è sempre al suo posto e costa agli Italiani tra il 10 e il 20% del prezzo totale. Sostanzialmente, anche se il referendum è passato, non è cambiato un bel nulla dall’anno scorso.
A che è servito dunque il referendum? Che senso ha fare una consultazione pubblica con risultati positivi se poi questi risultati vengono praticamente ignorati? Se lo chiedono un po’ tutti in Italia, a partire dal Forum dell’acqua, che ha lanciato un’iniziativa consigliando agli utenti di calcolare autonomamente quella voce in bolletta e di non pagarla.
I primi passi, forse, si stanno facendo proprio in questi giorni, quando l’Autorità per l’energia ha pubblicato sul suo sito internet un documento con le proposte per modificare la situazione. Ma si tratta solamente di un passo iniziale, che prevede un percorso molto lungo, fatto di polemiche, proposte e modifiche da effettuare.
E allora nel frattempo cosa bisogna fare? E’ necessario continuare a pagare? Secondo Alessandro Marangoni, professore della Bocconi, non bisogna comunque avere dubbi sul fatto che i costi per portare l’acqua nelle nostre case esistono e quindi sono necessarie delle “tariffe che consentano all’operatore almeno di svolgere la sua attività“.
Ma come possiamo affrontare un problema di questa portata, considerando che gli investimenti che sarebbero necessari per sistemare le pecche della rete idrica italiana sarebbero quantificabili in 65 miliardi di euro?

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