La scoperta di regni sotterranei alimentati da ossigeno di origine biologica apre nuove strade alla comprensione della nascita della vita nell’universo.
Gli esseri viventi, per sopravvivere, hanno bisogno di ossigeno. La presenza di questo elemento, unitamente a quella dell’acqua, è infatti ciò che ha permesso alla vita di svilupparsi sul pianeta Terra. L’ossigeno è presente nell’atmosfera in grande quantità, mentre negli strati più profondi della crosta terrestre scarseggia. O almeno così si pensava fino a che i risultati di uno studio effettuato in Canada hanno rivoluzionato quello che pensavamo di sapere sull’ossigeno.
Alcuni ricercatori dell’Università di Calgary, infatti, guidati dall’ecologo microbico Emil Ruff, hanno studiato le falde acquifere dell’Alberta a partire dal 2015. A profondità elevate gli scienziati hanno dunque rinvenuto la presenza di cellule microbiche in gran quantità. Tra queste l’archea, un microbo unicellulare che produce metano, era predominante.
A quel punto, però, si è reso necessario rispondere a una domanda: come era possibile che i batteri, che necessitano di ossigeno per digerire il metano di cui si nutrono, riuscissero a procurarsi questa sostanza? Effettuando analisi su campioni di acqua prelevati a 200 metri di profondità, i ricercatori vi trovarono un’alta concentrazione di ossigeno origine biologica. Inizialmente credettero che si trattasse di un errore, dovuto alla contaminazione del campione da parte di agenti esterni.
Ma ulteriori analisi confermarono quanto scoperto: i microbi, per digerire il metano, erano in grado di produrre ossigeno autonomamente, come confermato anche da uno studio condotto precedentemente dal professor Marc Strous. Tale processo prende il nome di dismutazione e comporta importanti implicazioni per quanto riguarda la nascita della vita sulla Terra e, perché no, anche su altri pianeti.
La scoperta di questi regni sotterranei apre le porte a una serie di possibilità che contraddicono le nostre precedenti ipotesi sui limiti della vita e forniscono , fornendo spunti sull’abitabilità in ambienti estremi. Prendiamo Marte, ad esempio: sulla superficie del pianeta sono stati rinvenuti perclorati in gran quantità e questi ultimi potrebbero essere utilizzati da alcuni batteri terrestri per produrre ossigeno attraverso processi di dismutazione simili.
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