Una ricerca condotta dal CNR rileva che aumentare progressivamente le calorie dopo la dieta aiuterebbe a migliorare il metabolismo. Cos’è la reverse diet
La dieta ipocalorica è una delle ossessioni della contemporaneità, così come la è quella della mgrezza. Si parte già da due origini di problemi. Uno è quello estetico, generalmente quello che preme di più, e l’altro di origine salutistica. Difatti sempre più studi dimostrano come l’accumulo di grasso eccessivo nel corpo porta non solo disfunzioni al livello motorio, ma soprattutto cardiaco, epatico etc. Per cui in alcuni casi la dieta ipocalorica è necessaria. Uno degl incubi a cui le persone che stanno a dieta vogliono sfuggire, è l’idea che terminata la dieta si possa riprendere peso. Psicologicamente si può tentare di seguire un rigido regime alimentare se si sa che questo è a tempo determinato, con l’auspicio di allentare un po’ mano mano. Purtroppo non sempre è così.
Il metabolismo regola il consumo di calorie a riposo. Il lavoro del metabolismo può dipendere da diversi fattori. La tiroide, ad esempio, l’alimentazione, la quantità e qualità del cibo e la genetica. Alcuni di questi fattori sono modificabili, altri no. L’Almanacco della Scienza, il web magazine del Cnr, ha pubblicato una ricerca che parla della reverse diet. Secondo alcune fonti questa dieta consentirebbe di modificare il metabolismo ed adattarlo al corpo. Non ci sono prove scientifiche certe per avvalorare questa tesi. Per il momento sono solo teorie.
Tenere un regime alimentare rigido a lungo è molto faticoso, e si rischia di instaurare un rapporto frustrato con il cibo che nei casi più gravi potrebbe degenerare in disturbi alimentari. Per questo si stanno implementando nuovi metodi per perdere peso senza esporsi a sacrifici eccessivi. Uno di questi è la reverse diet, che ribalterebbe le teorie precedenti sul metabolismo. Ovviamente alcuni fortunati non ingrassano perché hanno un metabolismo accelerato. Di conseguenza la quantità di calorie presenti in una dieta dipende anche dal metabolismo.
La reverse diet tenta di invertire questo rapporto indroducendo gradualmente calorie supplementari dopo una dieta rigida. In questo modo, secondo gli esperti, non si riguadagnerebbe peso pur mangiando di più. Rosalba Giacco e Beatrice De Giulio dell’Istituto di scienze alimentari (Isa) del Consiglio nazionale delle ricerche, spiegano a “Il Fatto alimentare”: “Secondo la dieta inversa, l’aumento graduale dell’apporto calorico a seguito di un deficit consentirebbe all’organismo di adattare il proprio metabolismo energetico, in modo da poter evitare di recuperare peso mangiando di più”.
“Questo tipo di dieta comporta un incremento molto graduale delle calorie, principalmente dei carboidrati. Uno degli schemi più utilizzati prevede di aggiungere circa 20-25 g di carboidrati (80-100 kcal) un giorno a settimana, fino ad arrivare, dopo 7 settimane, a un aumentato introito calorico settimanale pari a 560-700 kcal rispetto al valore di partenza. Dall’ottava alla quattordicesima settimana si ripete lo stesso procedimento, fino ad arrivare a un apporto calorico normale“.
La questione della reverse diet è diventata unrgente nel momento in cui alcune teorie la consideravano capace di modificare il metabolismo. Per il momento non ci sono risultati scientifici certi per avvalorare questa tesi. Spiega la questione De Giulio, secondo la quale sarebbero i meccanismi psicologici annessi alla reverse diet che potrebbero essere efficaci per il mantenimento del peso dopo la dieta.
“Potrebbe aiutare a gestire i problemi di appetito, ma anche a dare una percezione di controllo, rendendo più sicuri e aiutando a uscire dal circuito vizioso di diete restrittive. In alcuni casi, contare le calorie o aderire a una dieta fortemente restrittiva può causare un rapporto malsano con il corpo e con il cibo, portando all’ortoressia, a un’ossessione per l’alimentazione sana, all’ansia di dover rendere conto di ogni caloria introdotta”.
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