Quando la squadra riceve una chiamata di soccorso, non ci pensa su neanche un istante e si getta in un profondo buco pur di salvarle: le immagini dell’eroica operazione
Un salvataggio eroico, quello reso possibile grazie all’intervento dei membri di Sheldrick Wildlife Trust, organizzazione no-profit fondata nel 1977 che, ormai da quasi cinquant’anni, si occupa del recupero e della riabilitazione di animali selvatici (in genere elefanti) in Kenya. Tuttavia, come l’episodio che stiamo per raccontarvi dimostra abbondantemente, le squadre dell’organizzazione non si tirano mai indietro quando si tratta di salvare la vita ad esemplari in pericolo.
L’avvenimento che sviscereremo insieme risale allo scorso 15 giugno. Sheldrick Wildlife Trust, allertata della presenza di due esemplari selvaggi in serio pericolo, si è rapidamente mobilitata per recarsi presso il Kuku Ranch, un corridoio critico che collega il Parco Nazionale di Amboseli e il Parco Nazionale dello Tsavo. Proprio lì, in un buco profondo circa 4 metri, erano precipitati due animali di appena sei mesi.
Mentre i membri dell’organizzazione allertavano l’unità mobile veterinaria, gli ufficiali del Parco Nazionale di Amboseli e le squadre del Lion Guardian si affannavano a raggiungere la zona, così da poter prestare soccorso agli animali. I quali, come avrete ovviamente intuito, erano proprio due terrorizzati e affamati cuccioli di leoni (ad essere più precisi, leonesse). Qual è stata, dunque, la loro sorte a fronte dell’arrivo dei soccorritori?
Erano precipitate in un buco profondo 36 ore prima: cosa è accaduto alle due leonesse
Erano precipitate in una buca profonda ben 36 ore prima. Non avendo ingerito cibo per un giorno e mezzo, ed essendo impossibilitate in qualunque tipo di movimento, le due leonesse di appena 6 mesi sono subito apparse spaventate agli occhi dei soccorritori. Dopo che i membri dell’organizzazione no-profit Sheldrick Wildlife Trust sono giunti presso il Kuku Ranch – assieme all’unità mobile veterinaria, agli ufficiali del Parco Nazionale di Amboseli e a quelli del Lion Guardian -, è stato possibile procedere con le operazioni di salvataggio.
Operazioni decisamente non semplici, dato che le due cucciole non solo erano precipitate in una fossa stretta e molto profonda, ma anche perché apparivano decisamente affamate. Trattandosi di predatori, ovviamente, non si poteva escludere un eventuale attacco alle squadre giunte lì per aiutarle. Pertanto, la prima azione che i soccorritori hanno compiuto dopo essersi calati nel buco è stata proprio quella di anestetizzarle.
Una volta addormentati i due esemplari, le squadre hanno fatto calare una scala all’interno della fossa, in maniera tale da facilitare le operazioni. A quel punto, gli altri membri delle varie unità sono discesi in quella trappola mortale al fine di posizionare le leonesse in una barella. In questo modo, è stato possibile riportare le povere cucciole spaventate in superficie. Ancora sotto l’effetto dell’anestesia, le leonesse sono state visitate dai veterinari accorsi sul posto, che hanno riscontrato delle ottime condizioni di salute (al netto della fame).
Una volta risvegliatisi, i due animali hanno potuto mangiare con gusto grazie all’intervento delle squadre, che hanno somministrato loro del cibo. Non mangiando da ben 36 ore, le leonesse hanno letteralmente divorato quanto procurato loro dai soccorritori. E soprattutto, al termine di quel lungo calvario, si sono potute ricongiungere con la loro mamma.
Le squadre di Sheldrick Wildlife Trust, che hanno monitorato le cucciole per tutta la notte, hanno infatti constatato con piacere che il loro branco, dopo aver individuato i due membri sperduti, si è avvicinato per “recuperarli”. Per le due predatrici, in sostanza, è finita molto meglio del previsto.
Precipitate in un buco, vengono salvate da dagli eroi: le leonesse si sono ricongiunte con il branco
Di certo, il salvataggio delle due leonesse precipitate in una buca profonda in corrispondenza del Kuku Ranch (Kenya) ha ben poco a che vedere con operazioni di tal genere che, tuttavia, non hanno comportato le medesime difficoltà riscontrate da Sheldrick Wildlife Trust e dalle altre organizzazioni. La vicenda di Jennifer Vaz, ad esempio, è molto più snella e di gran lunga meno pericolosa di quella delle leonesse.
La donna infatti, dopo aver individuato un pitbull rinchiuso in una gabbia e gettato in acqua, ha dovuto “semplicemente” estrarre il contenitore metallico e portarlo a riva, così da strappare l’esemplare dalle onde che avrebbero potuto ucciderlo. Ancora più facile è stato il salvataggio dei cagnolini che un gruppo di ragazzi ha rinvenuto in una discarica, nel bel mezzo dei sacchi della spazzatura.
Tuttavia, a prescindere da quali e quante siano state le difficoltà, un salvataggio rimane pur sempre un salvataggio. Che si tratti di animali innocui come un branco di cagnolini, oppure di predatori temibili quali le leonesse sopracitate, il merito va sicuramente ai loro soccorritori che, anziché voltarsi dall’altra parte, si sono resi responsabili di un gesto a dir poco ammirevole.