Ogni anno vengono prodotte milioni di tonnellate di rifiuti hitech (RAAE), per le quali l’Unione Europea prevede lo smaltimento controllato ed il recupero di materiali riciclabili.
Eppure nonostante le leggi, una quantità difficilmente calcolabile di questi rifiuti elettronici prende il largo verso discariche illegali dei paesi del terzo mondo, Africa in testa, anziché essere sottoposta ai trattamenti dovuti. Il consumismo sfrenato degli ultimi decenni ha portato come conseguenza inevitabile quella di accumulare scarti e prodotti andati fuori moda. L’ONU ha stimato che ogni anno vengono gettate dalle 20 alle 50 milioni di tonnellate di scarti di apparecchi elettrici ed elettronici. Molte associazioni ambientaliste, tra le quali Greenpeace, hanno denunciato qual è la strada che spesso prendono i https://www.ecoo.it/t/raae“>rifiuti hitech durante il loro ultimo tratto di vita: le discariche a cielo aperto dei sobborghi e delle favelas dei grossi centri urbani dei paesi in via di sviluppo.
Donne e più spesso bambini, in barba a qualunque norma sanitaria, si aggirano in queste bidonville di rifiuti alla ricerca di materiali riciclabili. Gli scarti dei prodotti tecnologici, dai computer ai telefonini, contengono numerosi metalli pesanti (piombo, rame, alluminio, ecc) e altre sostanze nocive che li rendono estremamente pericolosi e teoricamente andrebbero sottoposti a trattamenti speciali. Ma qui gente di ogni età e, soprattutto, a mani nude estrae tutto il recuperabile danneggiando la propria salute e contribuendo all’inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo. È immorale che il terzo mondo continui ad essere la pattumiera a cielo aperto dei paesi più ricchi.
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