Un colosso informatico come Facebook assediato da Greenpeace ma questa volta non si tratta di un blitz dell’associazione ambientalista ma una semplice lettera che Kum Naidoo, executive director di Greenpeace International ha inviato a Mark Zickerberg, chef executive officer di Facebook; la lettera chiede al social network più grande del mondo di non utilizzare fonti fossili per alimentare i suoi server.
La lettera che Greenpeace ha inviato al quartier generale di Facebook chiede al social network più diffuso al mondo un maggiore impegno nella lotta ai cambiamenti climatici, visto che nello scorso febbraio Facebook aveva annunciato la costruzione di un enorme data center in Oregon alimentato quasi esclusivamente a carbone; di seguito a questo annuncio Greenpeace ha aperto una pagina proprio sul social network in cui chiede all’azienda di utilizzare al 100% energie rinnovabili.
Tutti noi conosciamo quanto il carbone sia dannoso all’ambiente e quanto sia importante che un colosso come Facebook dia il buon esempio nella lotta ai mutamenti climatici, probabilmente sulla sua scia anche altri farebbero lo stesso. È per questo che l’associazione ambientalista si è mossa e forte dei 500 mila amici che sostengono la causa sul social network, Kumi Naidoo ha inviato (e pubblicato sul sito di Greenpeace) la lettera di richiesta. Un’azione che rientra nella attività a favore dello sviluppo sostenibile che Greenpeace sta portando avanti, quella contro il cloud computing, la nuvola informatica, che sino ad ora ha colpito Youtube, Google, Yahoo, etc etc.
Secondo i calcoli di Greenpeace sino al 2020 il fenomeno del cloud computing consumerà circa 1.900 miliardi di Kw/h di energia elettrica. Ovviamente Facebook non è rimasta in silenzio e ha fatto sapere che il nuovo impianto in Oregon, grazie al clima della regione, ha un punteggio di utilizzo effettivo di energia PUE – Power Usage Effectiveness) di 1.15, quando la media dell’industria è più alta, tra un minimo di 1.6 e un massimo di 2. E passa anche al contrattacco accusando Greenpeace di avere un data center in Virginia, dove il 46 % di energia prodotta deriva dal carbone, il 41% da energia nucleare, l’8% da idroelettrica e solo il 4 % da fonti rinnovabili, non proprio quindi una regione degna di un’associazione ambientalista!