Per molti è stato un flop, tuttavia il ministro dell’Ambiente Corrado Clini su Rio+20 si è dichiarato soddisfatto e ha detto che l’Italia è pronta ad accogliere con favore il documento finale, predisposto nel corso del summit sullo sviluppo sostenibile, perché vuole vederlo come un capitolo che rinnova l’impegno comune in vista della salvaguardia dell’ambiente. Tra l’altro in Europa il discorso si riprenderà al prossimo Consiglio Europeo, nell’ambito del quale si affronteranno gli obiettivi di crescita e il rafforzamento della green economy.
A cura di Gianluca Rini
Ecco esattamente ciò che ha detto Clini: “L’Italia accoglie con favore il documento conclusivo della conferenza, preferisce vederlo come un nuovo capitolo di un rinnovato impegno comune. E’ un cammino che in Europa proseguirà con il prossimo Consiglio Ue in cui si stabilirà il rapporto tra gli obiettivi di crescita e quelli di rafforzamento della green economy“.
Il documento finale ha come titolo “Il futuro che vogliamo“, ma molti sono rimasti nell’incertezza dettata dalla debolezza di un documento finale che non ha saputo riunire tutti in strategie comuni e forti per dire basta alle emissioni inquinanti.
Per questo Rio+20 si è chiuso con uno scontro fra le associazioni e la rappresentanza politica. Secondo il parere delle associazioni, il documento finale è solo un elenco di buoni propositi, ma mancano le indicazioni dettagliate, mancano gli strumenti operativi e anche i fondi per agire in maniera concreta.
L’unico segnale positivo può essere determinato dall’inserimento nel documento ufficiale per la prima volta della definizione di green economy.
Si conclude il summit per lo sviluppo sostenibile
A cura di Gianluca Rini
Oggi, 22 giugno, si chiede il summit di Rio+20. Non si fermano comunque le polemiche sul vertice dedicato allo sviluppo sostenibile, visto che in molti si aspettavano qualcosa in più, soprattutto su alcuni temi importanti per ciò che riguarda la sostenibilità ambientale. Oggetto di contestazioni è stato soprattutto il testo che è stato messo a punto in seguito al vertice, da più parti giudicato mediocre. Qualcosa comunque è stato fatto, soprattutto per ciò che concerne la green economy, oggetto del testo finale, in cui si afferma che il conto ambientale verrà inserito nel Pil dei differenti Paesi.
Molte comunque sono le aspettative deluse e nello specifico le organizzazioni ambientaliste esprimono la loro rabbia per un testo caratterizzato da un’intrinseca debolezza. A questo proposito ha fatto notare Peter Lehner, direttore del Consiglio nazionale di difesa delle risorse: “Non si cambierà il mondo con un documento, ma con azioni concrete”.
Le intenzioni degli organizzatori tra l’altro erano ben precise: mettere a punto un testo che esprimesse i contributi dei governanti, della società civile, degli esperti, delle organizzazioni non governative, ma le trattative sono state lunghe e faticose e non sempre hanno dato i frutti sperati.
Bisogna dire anche che a Rio non si sono impegnati in maniera doverosa i capi di Stato delle nazioni più potenti, che sono anche le più inquinanti di tutto il pianeta. Proprio contro questi Stati hanno puntato il dito alcuni capi di Stato sudamericani.
Per oggi è previsto l’intervento di Hillary Clinton, il segretario di Stato americano, che proporrà un nuovo sistema per sovvenzionare le ecoenergie.
Il vertice si apre all’insegna del pessimismo
A cura di Gianluca Rini
Il summit Rio+20 ha lasciato spazio ad un certo pessimismo. Lo stesso segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha dichiarato di aspettarsi un documento finale più ambizioso. Invece il risultato finale non è stato quello che tutti si aspettavano, perché sono stati tralasciati argomenti importanti: i diritti riproduttivi delle donne, la convenzione per la protezione degli oceani, la riduzione dei sussidi pubblici per i combustibili fossili. Tutti temi da non sottovalutare, visto che aumenta la crescita demografica, i mari si spopolano e si verifica un incremento dei gas serra.
Deludente da questo punto di vista quindi il vertice dell’Onu sullo sviluppo sostenibile, perché, se non si prendono in considerazione gli argomenti suddetti, non si può dare un impulso nuovo a quello che dovrebbe essere un impatto ambientale moderato. Green economy e sviluppo ecocompatibile sono le due linee guida essenziali che avrebbero dovuto animare il dibattito a Rio+20.
Al contrario sembra che il summit non stia procedendo nel verso giusto e in molti non hanno esitato a nominarlo “Rio meno 20”. Nel frattempo le associazioni ambientaliste un testo alternativo al documento finale presentato alle Nazioni Unite.
E sulla questione intervengono anche le aziende italiane. Eni ha spiegato: “Nel corso degli anni, Eni ha maturato un sistema unico di capacità, soluzioni e tecnologie per lo sviluppo sostenibile in termini di produzione e supporto ai processi politici internazionali e adozione di soluzioni innovative.”
Quale sarà il risultato finale di Rio+20? Sarà veramente il punto di svolta per un processo di sviluppo ecocompatibile a livello globale?
WWF: “La bozza approvata è un fallimento colossale”
A cura di Gianluca Rini
Finalmente è arrivata una bozza del documento da presentare alla conferenza Rio+20. Un testo è arrivato, anche se non si tratta di un documento molto dettagliato. Si tratta di quarantanove pagine con aspirazioni ambientaliste e idee per un maggiore rispetto dell’ambiente e per uno sviluppo sostenibile. Ma si tratta solo di idee, che non sono sicuramente supportate da proposte concrete, da target da raggiungere, da obiettivi ben stabiliti. Una situazione che sicuramente non piace molto alle associazioni ambientaliste.
Il confronto con il summit del 1992 dedicato all’ambiente è inevitabile e questa volta la conferenza di Rio de Janeiro non sembra essere all’altezza. Nel 1992 si raggiunsero risultati importanti, come l’agenda 21 con gli impegni da prendere per il futuro.
Ma tra le novità si firmò anche la Dichiarazione di Rio, si gettarono le basi sulle soluzioni da adottare a favore del clima, della biodiversità, della lotta alla desertificazione. Ma quest’anno le cose sembrano veramente lontane da questi obiettivi.
Il WWF definisce questa pre-bozza un “fallimento colossale”. Connie Hedegaard, commissaria europea al Clima, spiega che si tratta di un documento “debole, deludente: nessuno nella stanza in cui è stato approvato il testo era felice“.
L’associazione ambientalista Greenpeace definisce il testo approvato “un modello distruttore che rischia di segnare il ventunesimo secolo“. Insomma, le prospettive non sembrano molto positive, anche se il ministro dell’Ambiente Clini parla di un passo in avanti, quello della presenza, per la prima volta in un testo delle Nazioni Unite, del concetto di green economy.
Gli accordi sono ancora lontani e Twitter si mobilita
A cura di Gianluca Rini
A poche ore dall’inizio della conferenza Rio+20, c’è ancora disaccordo tra alcuni Paesi del mondo, in particolare tra i Paesi ricchi e quelli in via di sviluppo, a causa di incomprensioni relative al testo del documento da discutere. L’accordo deve essere espresso all’unanimità e ci sono delle differenze di opinione tra i vari Governi sul testo. Le nuove frontiere dell’ambiente si scontrano quindi con la burocrazia e Rio+20 è praticamente a rischio, visto che non si raggiunge ancora un accordo sui temi da proporre ai capi di Governo.
E intanto su Twitter parte la mobilitazione da parte degli utenti, che non sopportano che tematiche di questo genere, come sviluppo sostenibile ed energia, siano fermate da questioni burocratiche o di incomprensioni.
E’ stata l’associazione 350.org a proporre una mobilitazione da parte degli utenti del social network. La proposta è quella di scrivere sul proprio profilo la frase “Per cosa si spendono 1.000 miliardi dollari? Fermiamo i sussidi ai combustibili fossili“.
Si tratta di una frase semplice, chiara, una provocazione nei confronti di chi si sta confrontando con un testo complesso ed aperto a varie interpretazioni come quello del documento da presentare alla conferenza Rio+20.
E allo stesso tempo quella proposta da 350.org è una mobilitazione che mira a sostenere il progetto sul quale si batte l’organizzazione, quello di far tornare a 350 parti per milione la concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera.
Sull’argomento è intervenuto anche Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace internazionale, che ha dichiarato: “I governi non vogliono raccogliere le sfide poste della crisi economica, ecologica e sociale: non c’è alcun segnale di una visione che sappia trasformare le crisi nell’opportunità di creare una prosperità durevole. Un reale cambiamento ci sarà solo quando i cittadini avranno preso nota dell’incapacità dei loro leader di garantire il futuro che vogliamo per i nostri figli“.
Anche la moda partecipa alla conferenza: la strategia ecosostenibile di Gucci
Anche la moda sembra volere dimostrare il proprio interesse per la conferenza internazionale sulla sostenibilità ambientale, Rio+20: la dimostrazione viene da una grande azienda italiana, Gucci, che ha scelto di essere parte concretamente di questo importante evento. Il brand, infatti, sarà riunito per discutere sui tema della sostenibilità non solo a livello di maggiore e migliore tutela ambientale, ma anche di equità sociale.
L’incontro si terrà in occasione del “Changing the world through fashion”, convegno che si pone l’obiettivo di individuare quale possa essere l’apporto che il settore della moda possa dare in termini di minore impatto ambientale. Scopo dell’intervento di Gucci è quello di indicare la strada dell’attività aziendale in termini di impegno sul tema del valore sostenibile come principio istituzionale fondamentale, il quale si estende dai diritti umani e quelli dai lavoratori fino al rispetto dell’ambiente e della biodiversità, coinvolgendo in questo anche i fornitori e creando un sistema di consumo critico migliore e più condiviso.
È dal 2004 che Gucci porta avanti questo ambizioso progetto e spera che ora, in un contesto internazionale dove si parla proprio di salvaguardare l’ambiente e di gestire al meglio la possibilità di impatto zero nelle varie fasi produttive, l’esempio possa essere replicato da altre realtà. Nell’attività operativa, questo diventa per il 2012 sviluppo di un packaging riciclabile per gli occhiali, riducendo sia i costi di trasporto che le emissioni di co2, così come il lancio di alcuni prodotti eco-friendly.
photo: Mathieu Lebreton
Rio+20: il vertice del clima è già un flop?
A cura di Gianluca Rini
Manca poco al Rio+20, eppure il summit rischia di rivelarsi già in partenza un vero e proprio flop, anche perché ci sono divergenze tra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo, oltre al disaccordo sul testo. Il vertice sull’ambiente e sullo sviluppo sostenibile inizierà il 20 giugno in Brasile, si è già conclusa la fase preparatoria ma ha ricevuto l’approvazione soltanto il 38% del testo. Per cui i negoziati proseguiranno fino ad oggi. Diversa è la posizione dei Paesi ricchi rispetto rispetto a quella sostenuta dai Paesi in via di sviluppo anche nel modo di affrontare gli impegni che saranno presi a favore della sostenibilità ambientale.
Adesso si spera che “miracolosamente” si possa arrivare ad un accordo. A questo proposito Mariagrazia Midulla, responsabile policy clima e energia di Wwf Italia, fa notare: “I negoziatori devono ricordarsi che questa è una conferenza ‘sulla sicurezza’ e la sicurezza deriva dalla stabilità. Per raggiungere la stabilità, le necessità di base delle persone devono essere garantite“.
Continua Midulla: “Per questo, se vogliamo davvero economie e sistemi politici sicuri, i nostri leader devono impegnarsi per garantire cibo, acqua ed energia per tutti. La settimana prossima questo potrà ancora accadere, ma avremo bisogno di un miracolo politico e di protagonisti forti per emergere da questo processo, mentre i ‘cattivi’ devono cedere il passo“.
Ci dovrebbe essere la proposizione di obiettivi non trascurabili che riguardano lo sviluppo sostenibile per alcune aree tematiche come l’energia, le risorse alimentari, l’acqua, gli oceani.
La parola d’ordine è stabilità economica e politica, in modo da poter garantire uno sviluppo sostenibile a lungo termine.
Mancano ormai davvero pochi giorni all’incontro internazionale sullo sviluppo sostenibile, Rio +20, ma la situazione sembra davvero difficile. Il sipario sarà ufficialmente aperto il prossimo 20 giugno presso la città di Rio de Janeiro e, nonostante la fase preparatoria sia appena terminata, restano ancora quasi 200 paragrafi da valutare per arrivare a idee condivise, eventualmente da sottoscrivere.
Il problema più grande è quello di non riuscire a trovare unità d’intenti tra diversi paesi: gli Stati Uniti d’America sono schierati con l’Unione Europea per la condivisione di limiti più serrati, a differenza dei paesi emergenti come la Cina, che invece sono impegnati solo nel far crescere la produzione e non una maggiore consapevolezza verso la tutela ambientale.
Il Ministro degli Esteri del Brasile, il signor Antonio Patriota, cerca però di rassicurare sulla difficile situazione ed esorta tutti a fare del loro meglio per trovare una soluzione al riguardo, a costo di dover ridurre il numero di pagine dell’accordo. Arriva perfino la voce di buon auspicio di una delle più importanti associazioni per l’ambiente, il WWF, che spera fisicamente in un miracolo politico.
Per realizzarlo, si tenta di sensibilizzare i capi di Stato che non si tratta solo di parlare astrattamente del futuro del nostro Pianeta Terra, bensì di capire come garantire alla popolazione mondiale sicurezza e stabilità, valori che non posso prescindere da una sostanziale armonia nei confronti dell’ambiente dove si vive.
La speranza, dunque, è che possano essere affrontati con successi temi concreti come l’approvvigionamento di cibo e risorse idriche più democraticamente e universalmente, così come quello sulle fonti di energia utilizzabili nell’ottica dello sviluppo sostenibile, cercando di offrire visioni condivise e in linea con i concetti del meeting.
Rio+20, sondaggio online su economia e sviluppo sostenibile
Nel frattempo, il governo del Brasile ha promosso l’idea di un sondaggio online, che avrà come argomenti di discussione l’economia e sullo sviluppo sostenibile. In sostanza di tenterà di capire che cosa pensano della questione i cittadini di un mondo che possiamo considerare globale e che si apre a prospettive nuove per ciò che riguarda la sostenibilità ambientale. Il sondaggio su internet costituirà anche l’occasione per fare un bilancio su ciò che fino ad ora si è fatto sulla salvaguardia dell’ambiente.
Il tutto darà essenziali suggerimenti anche sulle misure e i provvedimenti che si intendono attuare per il futuro. In questo modo le opinioni della gente comune potranno entrare a far parte della discussione, alla quale parteciperanno tutti coloro che prenderanno parte all’importante Conferenza Onu, che si terrà dal 20 al 22 giugno.
L’idea del sondaggio online è stata apprezzata dalle Nazioni Unite e dal segretario generale dell’Onu, il quale a questo proposito ha affermato: “Questi voti possono fare la differenza nel costruire un mondo prospero, equo, stabile e sostenibile per tutti. I dialoghi sono un tentativo di creare un ponte fra la società civile e l’iter ufficiale della prossima conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile.”
Per votare, fino al 15 giugno si deve andare sul sito vote.riodialogues.org ed esprimere la propria opinione. Tra l’altro lo spazio web è disponibile in sette lingue differenti: inglese, francese, portoghese, spagnolo, russo, cinese e arabo.
Un’idea davvero da ammirare, visto che veramente si vuole affermare il concetto che il contributo collettivo mondiale è determinante per la costruzione di un mondo più a misura d’uomo e d’ambiente.
Inquinamento atmosferico: il black carbon minaccia l’Everest
Il comitato Ev-K2-Cnr si occupa da 20 anni di ricerca in alta quota. Ci troviamo in Nepal, a sette giorni a piedi da Lukla, nella stazione per il monitoraggio della salute del pianeta di Kala Patthar, sull’Everest. Qui, su indicazione delle Nazioni Unite, il comitato sta studiando i cambiamenti climatici. E qui è stato lanciato anche il progetto Share, che si occupa proprio di inquinamento. Una delle ultime attività condotte dal comitato di ricerca scientifica e tecnologica è quella relativa allo studio del black carbon.
Con questa espressione, spiega il responsabile di Share, Paolo Bonasoni, “si indicano particelle di carbonio generate solitamente da traffico, inquinamento industriale e combustione di carbone e biomasse“. Nell’area sottoposta allo studio si prendono in considerazione in modo particolare i risultati dell’utilizzo di gasolio, sterco di yak e residui dell’agricoltura per alimentare bracieri nelle abitazioni.
La dottoressa Annalisa Cogo spiega: “Abbiamo creato un piccolo laboratorio per i test cardiovascolari, per i quali sono necessari apparecchi sofisticati e non trasportabili, in un lodge della zona. Un altro gruppo, girando di casa in casa, si è occupato delle spirometrie e della misura del monossido di carbonio nell’aria espirata, un marker di inquinamento delle vie aeree“.
L’inquinamento da biomassa è pericoloso soprattutto per le persone che stanno molto tempo a casa, come donne e bambini. E lo studio serve proprio a capire qual è la correlazione tra l’inquinamento e il black carbon, per il quale non esistono nemmeno soglie di allerta.
I risultati dell’analisi verranno presentati nel corso della conferenza mondiale Rio+20 sullo sviluppo sostenibile.
Crimini ambientali, l’Icef propone una Corte Internazionale per combatterli
L’Icef, International Court of the Environment Foundation, è promotrice di un’iniziativa molto interessante relativa alla lotta ai crimini ambientali. In particolare la fondazione vuole cercare di colmare un vuoto legislativo che sicuramente non fa bene all’ambiente ed ha presentato il nuovo progetto nel corso del convegno a Roma “Il ruolo dell’Italia per Rio+20”, un evento patrocinato da Roma Capitale e dai ministeri dell’Ambiente e degli Affari esteri.
Si tratta di un’iniziativa molto interessante che mira a creare le condizioni necessarie per una proposta che il Governo italiano potrebbe effettuare nel corso dei lavori di Rio+20, la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile che si svolgerà a Rio de Janeiro.
L’obiettivo proposto dall’Icef è quello di costituire un’Agenzia mondiale per l’Ambiente e una Corte Internazionale che avrebbe il potere di intervenire sui crimini ambientali e sulle leggi non rispettate dai vari Paesi.
In questo modo questi organismi sarebbero dei veri e propri supervisori capaci di intervenire per il benessere dell’ambiente. Spiega Amedeo Postiglione, direttore dell’Icef e presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione: “Con tutta probabilità dopo Rio de Janeiro l’Unep (il programma delle Nazioni unite per l’ambiente) si trasformerà in qualcosa che potremmo chiamare Onue, dove la ‘e’ sta per environment, un’agenzia Onu per l’ambiente con poteri e rappresentanza adeguati“.
Un obiettivo ambizioso, ma che sarebbe veramente interessante da perseguire. La fondazione spiega che non basta affliggersi per i disastri ambientali, visto che “Quando il disastro ha una rilevanza che va oltre la giurisdizione nazionale dei singoli Paesi incontra un vuoto normativo, che è possibile e doveroso venga occupato da una Corte internazionale dell’ambiente“.
La sensibilizzazione quindi è iniziata con la conferenza di Roma e continuerà, con l’idea di fare pressione sul Governo italiano, in moda che possa presentare in prima persona il progetto a Rio de Janeiro. La Corte di giustizia internazionale per l’Ambiente si occuperebbe quindi di monitorare gli impegni che gli Stati assumono, per procedere alla conservazione ambientale e alla tutela delle risorse energetiche ed ambientali nel pianeta. C’è ancora molto da fare a questo proposito, ma questo potrebbe essere un ottimo inizio.