L’attività antropica sta cambiando il clima e gli ecosistemi della Terra. Le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera continuano ad aumentare e con esse aumenta la frequenza di eventi strettamente legati al riscaldamento globale. Così, diventa concreta la prospettiva di un pianeta inospitale, un mondo caratterizzato da incendi, tempeste, siccità, inondazioni e ondate di calore senza precedenti a cui si sommano profondi cambiamenti degli ecosistemi terrestri e acquatici.
La ricerca scientifica ci ha fornito studi e rapporti che descrivono in maniera dettagliata gli effetti dei cambiamenti climatici che potremo osservare entro il 2100 e l’accordo di Parigi del 2016 impone l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C nei prossimi decenni. Un gruppo di ricercatori delle università McGill del Quebec, Oxford, Leeds e New York, in un recente studio apparso sulla rivista Global Change Biology, ha provato a guardare oltre la fine di questo secolo, provando a ipotizzare tre scenari futuri fino al 2500.
Diversi Stati hanno già iniziato a prendere provvedimenti utili a limitare il riscaldamento globale ma a livello globale non sono stati osservati miglioramenti significativi, soprattutto per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, il principale gas serra nell’atmosfera terrestre. L’aumento di questi gas sembra inarrestabile e questo potrebbe portare a scenari apocalittici per il genere umano, con interi territori stravolti dai cambiamenti climatici e ambienti inospitali per la nostra specie.
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Grazie ai loro modelli di previsione, i ricercatori hanno analizzato tre possibili scenari diversi, con livelli di mitigazione del riscaldamento globale differenti, prendendo in considerazione tre luoghi ben precisi: il Midwest americano, dove viene prodotto il 40% del raccolto mondiale di cereali; la foresta Amazzonica, il polmone verde del pianeta; il sub continente indiano, l’area più popolata della terra.
Secondo i modelli studiati dai ricercatori, non riuscire a limitare il riscaldamento ben al di sotto dei 2°C entro la fine del 2100 avrà conseguenze catastrofiche, con temperature medie globali che continueranno ad aumentare anche dopo la fine del secolo.
Luoghi con una lunga storia di ricchezza culturale ed ecosistemica, come la grande foresta amazzonica, potrebbero ben presto avere i connotati di un deserto a causa del declino della vegetazione, con infrastrutture sparse o degradate e un’attività umana estremamente ridotta. Lo stress da calore potrà raggiungere livelli fatali per gli esseri umani che vivono nel subcontinente indiano e nelle aree tropicali, rendendo queste aree praticamente inabitabili e costringendo così gli abitanti di queste regioni a spostarsi verso nord. Monocolture di cereali, come quelle che caratterizzano il Midwest americano, potrebbero essere sostituite da un’agroforestazione subtropicale basata su palme da olio e piante grasse tipiche di altre zone aride.
Quello descritto dai ricercatori è un mondo molto diverso da come lo conosciamo, con scenari apocalittici che però non si limitano solo ai tre luoghi presi in considerazione dagli esperti. In ogni angolo del pianeta la vegetazione potrebbe cambiare drasticamente e la produzione agricola ridursi. Inoltre, anche centrando gli obiettivi dell’accordo di Parigi, il livello del mare continuerà ad alzarsi a causa dell’accumulo di calore nei fondali oceanici, e molte persone saranno costrette a migrare.
Secondo i ricercatori “se non riusciamo a fermare il riscaldamento climatico, i prossimi 500 anni e oltre cambieranno la Terra in modi che sfidano la nostra capacità di mantenere le condizioni essenziali per la sopravvivenza della nostra specie. La scelta che abbiamo di fronte è quella di ridurre urgentemente le emissioni, pur continuando ad adattarci al riscaldamento a cui non possiamo sfuggire a causa dell’impatto avuto fino ad ora, se non vogliamo iniziare a considerare la vita su una Terra molto diversa da questa”.
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