Una delle conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai consiste anche nella perdita della biodiversità. Ci sono infatti diverse specie animali e vegetali che, per la loro sopravvivenza, dipendono dalla presenza delle masse ghiacciate. Lo stesso discorso vale per alcune aree dell’arco alpino. A destare l’allarme sulla situazione è stato uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature. La ricerca è stata compiuta da esperti statunitensi, francesi, britannici ed ecuadoriani.
A cura di Gianluca Rini
Gli studiosi hanno dimostrato che i cambiamenti climatici potranno far estinguere dall’11 al 38% degli invertebrati che vivono nei corsi d’acqua che si trovano di fronte ai ghiacciai. Un fenomeno che dovrebbe interessare tutte le catene montuose collocate nella fascia temperata del pianeta.
Le specie animali e vegetali più in pericolo sono quelle endemiche, ossia quelle specie che hanno un habitat limitato ad una specifica area del mondo. Varie specie di questo genere si trovano in Italia, per cui il nostro Paese potrebbe essere interessato da una consistente perdita di biodiversità, un patrimonio ambientale prezioso che dovrebbe essere salvaguardato a tutti i costi.
E’ assurdo infatti che nessuno stia facendo niente per adoperarsi in concreto sulla situazione e ci si accorge per caso di questo pericolo in seguito alla pubblicazione di uno studio. Ma non si doveva fare attenzione già da prima? Non si dovevano approntare degli studi specifici o dei sistemi di monitoraggio per portare avanti un’adeguata prevenzione?
In maniera particolare bisognerebbe evitare lo sfruttamento turistico dei ghiacciai e quello idroelettrico dei torrenti glaciali, invece proprio questi ultimi di solito non vengono presi in considerazione nei piani che hanno l’obiettivo di gestire al meglio il territorio e di conservare la biodiversità.
Si forma un nuovo iceberg, ma non è colpa del riscaldamento globale
Lo scioglimento dei ghiacciai è un problema che sempre più affligge il nostro Pianeta Terra e che ora vede un nuovo tassello all’orizzonte: si tratta di una crepa, ormai sempre più profonda, che nei prossimi mesi potrebbe divenire così estesa da permettere che un grande pezzo di ghiaccio si stacchi. Ma questa volta il riscaldamento globale potrebbe non centrare.
Niente alte temperature né cambiamenti climatici alla base della crepa che si sta formando nella calotta antartica, bensì un semplice fenomeno naturale che si sviluppa ogni 10 anni. Questo secondo gli scienziati della NASA, che situano lo staccamento nella parte più ad occidente dell’Antartide per una dimensione a pari a 30 chilometri di lunghezza e 50 di profondità. L’iceberg dovrebbe formarsi entro i primi mesi del 2012.
Anche se in questo caso si tratta solo di un fenomeno di normale evoluzione delle risorse naturali, le misure di tutela ambientale per evitare disastri ambientali correlati allo scioglimento dei ghiacciai dovrebbero comunque essere una priorità, soprattutto per le istituzioni preposte alla tutela dell’ambiente e della natura.
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