Le buste di plastica biodegradabili sono state rese obbligatorie in Italia dal 2018, sono le uniche che circolano in Italia? I risultati di un’inchiesta parlamentare
Da alcuni anni, dal 2018 in particolare, la legge prevede una stretta regolamentazione delle buste di plastica monouso. Le oltre 200 mila tonnellate di buste in plastica che si consumavano in Italia finivano in inceneritori, discariche o disperse nell’ambiente. Con le conseguenze che conosciamo in termini di inquinamento nelle aree urbane, nelle campagne, nel mare.
Il divieto di produzione e vendita di buste di plastica monouso, introduceva un taglio ai meccanismi di produzione consumo scarto, per introdurre un’idea di consumo circolare in cui lo scarto è bandito, con una limitazione degli imballaggi prodotti e gettati dopo l’uso, proprio come le buste di plastica. Dunque non più tali contenitori nel Paese. Ma è davvero così?
Secondo un’inchiesta della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, la cosiddetta Commissione sulle Ecomafie in Italia 4 su 10 buste che circolano nel paese sono illegali, cioè sono composte di materiale non riciclabile. Esiste un vero e prorio commercio clandestino di questi prodotti stimato in varie centinaia di tonnellate.
La produzione non lecita non vede protagonisti solo impianti illegali, ma anche stabilimenti che fabbricano le buste biodegradabili con incrementi notevoli dei loro entroiti. Nella vendita al dettaglio di queste buste, la tracciabilità dei produttori non è possibile non essendoci fatture né ricevute rilasciate. Le pene sono severe per chi le commercializza. Sono previste infatti sanzioni amministrative per viola la legge fino a 25.000 euro, elevabili a 100 mila.
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Inoltre applicare la dicitura biodegradabile – compostabile non corrispondente alle caratteristiche biochimiche del materiale di cui è composta la busta, rischia la denuncia per frode nell’esercizio del commercio (art. 515 del codice penale) ed è perseguibile penalmente. Arginare il fenomeno non è semplice, secondo la Commissione d’inchiesta “sarebbe auspicabile creare un coordinamento nazionale mettendo a disposizione l’esperienza acquisita in questi anni.”
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La speranza è che il lavoro venga proseguito dal nuovo Parlamento “al fine di ridurre progressivamente il fenomeno della produzione e commercializzazione illegale delle buste di plastica“. Le buste non biodegradabili sono dunque l’ennesimo affare delle ecomafie da combattere a tutela del paesaggio e dell’ambiente italiani.
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