Nell’oceano è stato scoperto un batterio in grado di sopravvivere cibandosi di idrogeno. Lo studio è stato pubblicato su Nature Microbiology
L’acqua nasconde tesori, meraviglie, minacce. Si dall’antichità l’uomo si è soffermato con la fantasia su cosa poteva celarsi nell’immensità dello spazio dell’oceano, in profondità. Fino ad arrivare alla leggenda di Atlantide, che da Platone è arrivata ancora viva e vegeta fino ad oggi. Una civiltà antica la cui isola è stata all’improvviso soffocata dal mare. Le leggende attuali non si fermano all’identificazione del luogo dove Atlantide sarebbe vissuta. C’è chi sostiene che esiste ancora, nelle profondità dell’oceano. Questo racconto è utile solo per citare come le nuove scoperte di tipologie di vita nell’oceano destino l’attenzione e la meraviglia di molti studiosi.
In questo caso sono stati trovati dei microrganismi che riescono a vivere in condizioni streme. Si deve ricordare che il fondo oceanico è tutt’altro che pianeggiante. Esistono delle vere e proprie catene montuose sommerse, legate ai luoghi più vicini al centro della Terra, con movimenti dal profondo.
Lo studio bul batterio che vive in condizioni estreme nel fondo dell’oceano è stato guidato da Massimiliano Molari dell’Istituto tedesco Max Planck. Lo scienziato spiega all’Ansa: “Negli oceani e in particolare nei pressi delle dorsali oceaniche, ossia le catene montuose sottomarine dovute alla risalita del magma, esistono fratture da cui fuoriescono fluidi idrotermali ricchi di gas e metalli) attorno alle quali vivono microrganismi in condizioni estreme”. La catena alimentare di questi batteri è possibile sfruttando l’idrogeno e lo zolfo che fuoriescono dai liquidi idrotermali. I quali, come emerge dallo studio, hanno delle temperature altissime. Di conseguenza il batterio in questione, il Sulfurimonas pluma, è riuscito ad adattarsi a condizioni di vita davvero estreme.
Questa scoperta del batterio dell’oceano che vive in condizioni estreme dà la possibilità agli studiosi di fare maggiore luce sulle forme di vita ed il loro adattamento. Scoperte che potrebbero adattarsi alla vita negli altri pianeti. Conclude Molari: “Trovare batteri del genere Sulfurimonas in quell’ambiente e in tali quantità e’ stata una sorpresa. Si tratta di una scoperta che da un lato ci fa comprendere qualcosa di nuovo sulla diversità microbica e i complessi meccanismi che avvengono negli oceani e dall’altro ci dà molte informazioni per immaginare ambienti simili che potrebbero essere presenti in altri corpi celesti, come Encelado o Europa”.
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