Come è stato possibile che decine di serpenti morti si ammassassero sulla riva. La cosa però ha avuto delle conseguenze inaspettate, con la nascita di un prodigio.
Serpenti morti, serpenti morti ovunque. Non è un incubo né la sceneggiatura di un film di azione o dell’orrore. È invece quanto avvenuto nella realtà, con i rettili privi di vita trasportati dalla corrente di un fiume. Erano in decine e decine ad ammassare le rive di un corso d’acqua in riva. E questo episodio ha fatto da spinta propulsiva in un giovane del luogo nell’attuare un proposito che, in origine, sembrava a dir poco utopistico. Ma nulla è impossibile, deve avere pensato l’irriducibile Jadav Payeng. Ciò che lui ha fatto rasenta davvero i limiti dell’umanamente possibile.
La vicenda dei serpenti morti risale al 1979. A quei tempi Jadav Payeng aveva solamente 16 anni e sembrava rassegnato a dovere vivere una esistenza confinata nel nulla che circondava il suo povero villaggio. I rettili morirono perché non avevano avuto la possibilità di ripararsi dal caldo che è sempre molto frequente in quelle zone dell’India. Inoltre non c’era un habitat tale da potere ospitare quelle che sono le loro prede abituali.
Serpenti morti sulla riva, da allora tutto è cambiato
Allora Jadav capì che c’era bisogno di fare qualcosa. Sulle prime si rivolse alle autorità locali, chiedendo se potessero attuare un programma per piantare degli alberi lì dove c’era una piana all’apparenza brulla e senza niente. La risposta ricevuta fu negativa. Non restava altro che chiedere aiuto agli anziani del villaggio, che si limitarono a fornirgli i semi di venti piante di bambù. E da lì di strada ne ha fatto quel sedicenne, che oggi di anni ne ha più di 51. Grazie a lui è sorta una vera e propria giungla, come quella che viene descritta nel romanzo “Il Libro della Giungla” del 1894 dal suo autore Rudyard Kipling.
In tre decenni e mezzo il deserto ha lasciato spazio ad una foresta dalla estensione di 6 km quadrati. Ed a popolarla ci sono tigri, elefanti, rinoceronti e tante altre specie selvatiche, anche di uccelli. I problemi non erano mancati. Per esempio gli elefanti avevano distrutto i campi di riso che sorgevano nei dintorni, e questo aveva scatenato una protesta. C’erano molti coltivatori che avevano espresso la loro volontà di volere uccidere i pachidermi e di guadagnare dalla vendita delle loro carni e, soprattutto, delle loro zanne.
È sorta una vera e propria foresta
Zanne che sono costituite in avorio e che rappresentano un oggetto molto ricercato e rinomato per la creazione di monili vari. Proprio la caccia agli elefanti per poter estrarre dai loro cadaveri le zanne in avorio ha dato adito da molti decenni al triste fenomeno del bracconaggio. Per fortuna però gli stessi coltivatori del luogo hanno capito che è molto meglio avere intorno a loro una foresta lussureggiante piuttosto che una vasta zona arida e desertica. Ci sono stati dei grossi benefici dalla cosa, infatti.
Jadav Payeng ha ricevuto molti premi e molte onorificenze per la sua opera di salvaguardia della flora e della fauna di quella porzione di India. Che è tra i Paesi più controversi che ci siano per via dell’elevato tasso di popolazione ed anche di impatto ambientale presente su tutto il suo territorio. Questa comunque è una storia a lieto fine che dimostra come niente sia impossibile. Soprattutto quando sono i buoni propositi a muoverci.