La frutta sempre più piccola è meno appetibile sul mercato. E l’estate 2022 è un esempio di come i cambiamenti climatici incidano anche sulle dimensioni
Esistono degli standard estetici e normativi per la frutta. Ormai i consumatori si sono abituati a prodotti ortofrutticoli belli, grandi, lucidi. Ed i supermercati disdegnano le irregolarità, convinti che siano meno appetibili sul mercato. In realtà la frutta colta dall’albero, immagine bucolica di altri tempi, che evoca un prodotto sano e saporito, è tutt’altro che grande e regolare. Su questo tema già molte associazioni nel tempo si erano espresse. Infatti il problema è che la frutta più irregolare, e meno esteticamente piacevole, sia penalizzata e condotta allo spreco alimentare. Figlio di standard da pubblicità. Non sempre ciò che è più bello è anche più buono e salutare. Tuttavia il trend attuale è di avere prodotti conformi alle attese. Come tutte le scelte di consumo, mosse principalmente dal conformismo più che dalla conoscenza.
Il problema è che sulla frutta e la verdura esistono al livello europeo degli standard normativi, che impongono dimensioni limite, ed anche ad esempio il massimo della curvatura di cetrioli e carote. E questo fino al 2008. Ora le maglie normative si sono allargate, e valgono ‘solo’ per 10 categorie di prodotti: mele, agrumi, kiwi, insalate (lattughe, indivie ricce e scarole), pesche e pesche noci, pere, fragole, peperoni dolci, uva da tavola e pomodori. Ed a causa dei cambiamenti climatici gli agricoltori si trovano sempre più in difficoltà, perché non riescono ad aderire agli standard richiesti, dunque vengono esclusi dal mercato.
Un caso eclatante che ha messo nuovamente sul piatto la discussione dell’estetica della frutta è quello delle pere estive, una tipologia che è presente sul mercato di solito da metà luglio a metà settembre. Questa frutta è molto dolce, ma rispetto all’attesa dei consumatori molto più piccola. E nel 2022 le pere sono state molto più piccole degli altri anni. Il problema si deve affrontare su due fronti. Innanzitutto il fatto che le pere grandi si sono trovate sui banchi del supermercato ad un prezzo nettamente superiore, data la loro scarsità.
Ed inoltre la reale possibilità di alterare un prodotto per farlo incontrare con i gusti dei consumatori. Nella maggior parte dei casi questo viene fatto con fertilizzanti ed additivi della crescita. A discapito della salute. Come ormai si sa, i pesticidi sono sostanze da evitare assolutamente.
Fabio Ciconte, direttore dell’associazione Terra!, esprime la sua opinione in merito: “Siamo convinti che la crisi climatica aggraverà problemi come questi e pensiamo che occorra rivedere al più presto i criteri con cui i supermercati commercializzano il cibo fresco. Ha ancora senso affidare il destino di intere filiere a una macchina calibratrice o a una serie di parametri puramente estetici, che appiattiscono la diversità di cui è capace la natura?”.
La tutela della biodiversità è uno dei cardini per riportare l’agricoltura ad una sostenibilità che contrasti la produzione intensiva, piena di fertilizzanti e pesticidi. Tuttavia le norme europee impongono standard che gli agricoltori, specie quelli che lavorano con trattamenti al minimo, non sono più in grado di sostenere.
Va bene la normativa per tutelare la qualità, ma essa deve essere associata al momento storico che la produzione sta vivendo. Il rischio, oltre alla penalizzazione degli agricoltori virtuosi, è di sprecare frutta davvero sana e gustosa per prediligere prodotti più “belli” ma meno naturali. E questa è una distorsione da combattere assolutamente.
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