Il problema della siccità non è più una questione solo stagionale in molte aree d’Italia, ma la falda di Milano può aiutare il Po.
In Veneto il presidente della regione paventa un’ordinanza per razionare l’acqua e lungo le rive del Po gli agricoltori si preoccupano di non poter annaffiare i campi a causa della carenza d’acqua. Eppure, al nord Italia, esiste un’oasi felice: l’area di Milano con la sua ricca falda acquifera. Così ricca da riuscire a dissetare anche i territori limitrofi e il bacino acquifero del fiume Po.
Il occasione della Giornata mondiale dell’acqua, tenutasi il 22 marzo, una notizia simile non fa che rinfrancarci di fronte alle evidenze di una situazione di emergenza idrica mondiale. La falda di Milano, alimentata nel corso degli scorsi decenni, potrà dissetare la città fino al 2050 almeno, affermano gli esperti.
Falda acquifera di Milano: florida grazie all’abbattimento di consumi e dispersione
Ma come fa la falda milanese a essere così ricca? Il merito è di diversi fattori: innanzitutto l’abbattimento dei consumi da parte delle cosiddette industrie idroesigenti. “basti pensare che dai circa 300 milioni di metri cubi annui del 1975 siamo passati ai 200 milioni attuali“, ha affermato Andrea Aliscioni, direttore del servizio idrico di Milano.
In secondo luogo la vittoriosa battaglia alla dispersione idrica: i sistemi di depurazione del servizio idrico meneghino riescono a contenere gli sprechi attestandosi sul 15%, contro una media nazionale del 40%. Il processo di depurazione avviene in più passaggi: dopo il passaggio nei rubinetti delle case, viene lavorata e dirottata verso altri lidi nel giro di 24 ore.
Depurazione in 3 passaggi
In particolare vi sono 3 depuratori, posti a sud della città a Nosedo, San Rocco e Peschiera Borromeo, che lavorano quotidianamente almeno 300mila metri cubi d’acqua ciascuno. Il primo passaggio di depurazione intercetta i rifiuti solidi, sia di grandi che di piccole dimensioni. Poi si passa all’eliminazione di sabbie e oli e infine i trattamenti biologici per abbattere fosforo, azoto e nitrato. Ma non solo: poiché i “fanghi, una volta estratti dal sistema e disidratati, diventano fertilizzanti e combustibile per cementifici“, hanno spiegato Marco Blazina e Marcello Mazzone, responsabili della depurazione.