Nuovo scandalo sugli hamburger americani: il dubbio lo insinua Abc News, con una sua inchiesta sulla sicurezza alimentare e sulla provenienza dei prodotti. Dopo i molti scandali correlati ai fast food e le buone intenzioni che ora sembravano provenire proprio da loro, è già l’ora di rimangiarsi tutto? McDonald’s conosce bene la situazione, dato che molti dei suoi clienti soffrirono di Eschrerichia coli e loro furono costretti a vendere solo hamburger molto ben cotti. Il caso di oggi è, se possibile, ancora peggiore: stavolta al centro dello scandalo c’è una delle compagnie che si occupa a livello mondiale di carni disossate e surgelate, la Beef Products Inc, che è arrivata persino a utilizzare i resti delle carni e a disinfettarle con l’ammoniaca.
Può davvero poco, a questo punto, la Beef Products Inc. con le sue rassicurazioni aziendali: il problema resta, e si chiama Lean finely textured beef o Pink slime, e non è nient’altro che una poltiglia ottenuta dai resti della macellazione del bestiame che, come detto prima, vengono lavati con ammoniaca e poi surgelati.
Niente di illegale, sia chiaro, ma tutto all’oscuro dei consumatori. I produttori, infatti, non sono obbligati a segnalare la presenza dell’additivo nella carne, quindi secondo la legge americana è tutto ok. Peccato che gli appassionati di hamburger non la vedano allo stesso modo: già dal prossimo autunno, infatti, molte scuole americane potrebbero non richiedere più i prodotti a primo prezzo che contengono la Pink slime. Non tutte le scuole, purtroppo, potranno per motivi di budget adeguarsi a questa campagna. E anche questo sta scatenando una vera e propria rivoluzione tra le associazioni dei consumatori e dei genitori: un fenomeno che non sembra così passeggero e volatile, dato che la Beef Products Inc ha già dovuto chiudere tre stabilimenti per calo delle vendite.
Buone notizie dai fast food: Burger King si impegna a scegliere solo polli ruspanti
Avevamo appena finito di raccontarvi della scelta di Burger King di dare una svolta alla scelta delle carni che serve ai suoi clienti, e ora dobbiamo già rischiare di rimangiarci la notizia? Speriamo davvero di no. Proprio ieri, infatti, il colosso della ristorazione veloce, infatti, aveva confermato che dal 2017 non avrebbe più utilizzato carni provenienti da polli in gabbia o da maiali provenienti da casse di gestazione, e così McDonald’s aveva detto stop alle torture sui suini.
È chiaro che la scelta di una cucina naturale si faccia più facilmente con prodotti alimentari sani di provenienza certa, cucinati a casa propria e acquistati nel supermercato vicino casa dove potrete scegliere i migliori alimenti biologici, però se vi capitasse di andare al fast food grazie agli impegni presi da Burger King e da McDonald’s almeno dovreste avere la certezza che gli animali siano trattati dignitosamente.
Anche la scelta di non utilizzare uova prodotte da galline di allevamento dovrebbe rendere il ciclo di vita dei polli più sostenibile e la loro carne successivamente migliore per i consumatori; questa decisione testimonerebbe il fatto che sempre più i fast food devono infatti fare i conti con le scelte di consumo critico dei loro clienti, sempre più attenti ed esigenti su cosa finisce nel loro piatto, senza parlare del movimento degli animalisti e della loro battaglia per la protezione degli animali e dei loro diritti.
Tra le molti associazioni a difesa per gli animali c’è anche la Humane Society of United States che lavora da anni proprio su queste tematiche e che ha subito dichiarato tutta la sua sorpresa per la nuova posizione assunta da Burger King. Una delle conseguenze di questa decisione, infatti, sarà inevitabilmente visibile anche nella catena di fornitori, dato che chi alleva polli ruspanti e non più in allevamenti intensivi ora dovrebbe avere un notevole vantaggio competitivo e chi resterà legato alle vecchie pratiche potrebbe avere notevoli difficoltà.
Ovviamente, però, potrebbe esserci un risvolto della medaglia, come sottolineato dalla United Egg Producer: l’allevamento di polli senza gabbie, infatti, è un metodo più dispendioso (si arriva fino ad aumento del 25%) e che quindi potrebbe vedere una modifica al rialzo anche dei listini prezzi: la speranza, però, sarebbe quella che Burger King sfruttasse la propria economia di scala per rendere questo vantaggio competitivo sostenibile anche per le tasche dei suoi clienti. A questo punto, però, restiamo in attesa di sviluppi sul nuovo scandalo americano sulla reale provenienza delle carni, per capire se si tratta davvero di un impegno concreto.
Se anche voi siete attenti alle scelte alimentari potrete prendere in considerazione anche la proposta di Coldiretti di ridurre gli sprechi alimentari utilizzando gli avanzi, così come la proposta di apposite regole sui cibi scaduti.
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