Smaltimento dei pannelli fotovoltaici: una piccola guida

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I pannelli fotovoltaici rappresentano uno strumento validissimo per la produzione di energia rinnovabile, tuttavia non durano per sempre ma con il passare degli anni, in media non si superano i 25-30 anni, si esauriscono e necessitano di essere smaltiti. Ma in che modo avviene lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici esauriti? Ecco per voi alcune informazioni utili su cosa stabilisce la regolamentazione europea vigente.
Nel corso dell’ultima revisione sullo smaltimento dei rifiuti elettronici, ovvero la Direttiva 2002/96 sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), anche i moduli del fotovoltaico sono stati annoverati tra le apparecchiature da smaltire attraverso la raccolta differenziata e da avviare al riciclo, dal Parlamento Europeo.
Si tratta di una revisione abbastanza interessante della normativa europea sullo smaltimento dei rifiuti elettronici.
A partire dal 30 giugno 2012 ogni produttore è obbligato a disporre di un adeguato servizio di smaltimento degli impianti forniti una volta esauriti. I pannelli fotovoltaici, pertanto, non potranno essere smaltiti autonomamente dal loro proprietario ma è necessario seguire le procedure stabilite dalla Normativa vigente.
Per assicura l’accesso agli incentivi da parte dei clienti, i produttori di sistemi fotovoltaici hanno dovuto provvedere all’adeguamento delle nuove regole, aderendo al sistema collettivo o consorzio volto a garantire il riciclo dei moduli fotovoltaici, come stabilito dal decreto ministeriale 05 maggio 2011.
È necessaria, però, un’adeguata garanzia finanziaria per avere un sistema di raccolta e riciclo funzionanti. Una garanzia finanziaria che prescinda dalla data di installazione dei moduli e dall’operatività del sistema fotovoltaico. Diverse regioni italiane, non dispongono di sistemi all’altezza per garantire lo smaltimento dei rifiuti del territorio, in quanto la presenza di regolamentazioni specifiche presenti in Italia, potrebbe portare alla comminazione di sanzioni da parte dell’Unione Europea.
Per evitare tale situazioni sono stati realizzati dei consorzi attivi certificati ISO 9001 e ISO 14001, per la gestione dei rifiuti derivanti da pile e impianti fotovoltaici.
Il sistema di gestione dei pannelli fotovoltaici esausti sarà possibile grazie a una mappatura di tutti gli impianti installati a livello nazionale. Una mappatura geo-referenziata e affiancata dall’implementazione di un sistema di tracciabilità dei moduli a fine vita. L’accordo, inoltre, prevede che il Consorzio si occupi della raccolta dei moduli e del frazionamento dei prodotti e del riciclo di tutte le loro componenti metalliche, di vetro e di plastica, che saranno smaltiti in Italia. La cella fotovoltaica, invece, per essere smaltita deve essere inviata all’estero, in quanto non sono ancora presenti impianti capaci di fare tale smaltimento nel nostro Paese.
Nel mese di giugno Cobat e Ifi hanno avviato una campagna di comunicazione sullo smaltimento riciclo degli impianti fotovoltaici, affinché tutti fossero informati sull’esistenza di un sistema nazionale pronto a fornire un supporto legislativo, tecnico-scientifico e amministrativo, per chiunque ne avesse bisogno, sia privati e sia aziende.
Lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici e dunque le relative operazioni di rimozione dei moduli, trasferimento e smaltimento devono essere eseguite da tecnici specifici, abilitati. Solitamente tali operazioni vengono eseguite da un team di esperti inviati dal fornitore che ha venduto il servizio nel caso in cui questo fosse ancora in garanzia, in caso contrario ci si può rivolgere a una ditta specializzata in servizi di smaltimento pannelli fotovoltaici privata oppure al fornitore stesso. È bene sapere che nel caso in cui un modulo fotovoltaico dovesse danneggiarsi quando ancora è in garanzia, la sostituzione deve essere effettuata dal fornitore. Alcuni cercano di aggirare i clienti offrendo il pezzo di ricambio gratuitamente, come da garanzia ma facendo pagare le relative operazioni di ricambio, abbastanza costose. Sappiate che non è assolutamente cosi, come si legge all’articolo 130 del Codice del Consumo:
Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene. In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9. Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro. Ai fini di cui al comma 3 è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto:
a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità;
b) dell’entità del difetto di conformità;
c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore
.”
Foto di Ennio

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