Lo smart working è una forma di lavoro flessibile che permette ai lavoratori di svolgere le proprie attività lavorative al di fuori dell’ufficio tradizionale, usufruendo di tecnologie digitali e di connessioni internet affidabili. In altre parole, gli individui che adottano lo smart working possono lavorare da casa, in un luogo remoto, o in qualsiasi altro ambiente che preferiscono, senza essere vincolati a un ufficio fisso.
Questo consente ai lavoratori di organizzare il proprio lavoro in modo autonomo e di conciliare la propria vita privata con quella professionale, migliorando l’efficienza e la produttività. Questa modalità di lavoro è diventata particolarmente popolare in seguito alla pandemia di COVID-19, che ha portato molte aziende a implementare il lavoro da remoto per garantire la sicurezza dei propri dipendenti. Ma ora che è diventato uno strumento conosciuto e diffuso, si è scoperto che lo smart working è amico dell’ambiente.
Lo smart working aiuta l’ambiente. Lo studio
Uno studio condotto dall’Enea ha dimostrato che lo smart working ha permesso di ridurre le emissioni di anidride carbonica a Roma, Torino, Bologna e Trento nel periodo 2015-2018. Secondo i risultati, lavorare due giorni a settimana da casa ha portato a una diminuzione di 600 chili di anidride carbonica emessa nell’arco di un anno per ogni dipendente, con un risparmio del 40% in termini di tempo, pari a 150 ore, 3.500 chilometri percorsi e 237 litri di gasolio o 260 di benzina. Tuttavia, va notato che lo studio è stato condotto su un campione di 3.397 dipendenti di 29 amministrazioni pubbliche in Italia, che avevano già adottato lo smart working prima dell’arrivo della pandemia.
Secondo quanto dichiarato da Roberta Roberto, ricercatrice presso il Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili dell’Enea e co-autrice dell’indagine insieme ad altri colleghi dell’agenzia, circa il 50% della popolazione italiana possiede un’automobile, ovvero 666 vetture ogni 1000 abitanti. Questo dato colloca l’Italia al secondo posto in Europa per il più elevato tasso di motorizzazione, subito dopo il Lussemburgo.
L’indagine condotta ha portato alla conclusione che ogni giornata di lavoro da remoto avrebbe l’effetto di prevenire l’emissione di 600 chilogrammi di anidride carbonica nell’atmosfera e risparmiare 85 megajoule (MJ) di combustibile per persona. Inoltre, ci sarebbero anche altri vantaggi ambientali come la riduzione degli ossidi di azoto per persona al giorno (che variano da 14,8 grammi a Trento a 7,9 grammi a Torino), il monossido di carbonio (da 38,9 grammi a Roma a 18,7 grammi a Trento) e la riduzione delle particelle sottili PM10 (da 1,6 grammi a Roma a 0,9 grammi a Torino) e PM2,5 (da 1,1 grammi a Roma e Trento a 0,6 grammi a Torino).
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Secondo gli studiosi, c’è un ulteriore punto da evidenziare. Durante i giorni di smart working, il 24,8% dei partecipanti allo studio ha scelto di adottare modalità di trasporto più sostenibili (come mezzi pubblici, camminare o andare in bicicletta) per gli spostamenti extra-lavorativi, l’8,7% ha invece preferito il mezzo privato, mentre il 66,5% ha mantenuto le proprie abitudini di mobilità.
“Le forme di lavoro flessibile, incluso lo smart working – ha aggiunto la ricercatrice – sono state dimostrate essere uno strumento importante per il cambiamento in grado di migliorare la qualità della vita professionale e personale, ridurre il traffico e l’inquinamento urbano, e rigenerare intere zone periferiche e quartieri considerati dormitorio.“