Lo smart working permette di conciliare vita e lavoro, senza particolari vincoli di luogo o orario. È un fenomeno in crescita in Europa e anche in Italia, soprattutto da quando ilConsiglio dei Ministri ha varato un decreto-legge ad hoc a seguito delle restrizioni legate alla diffusione del Coronavirus.
Quando si parla di lavoro agile, dunque, si intende una particolare modalità operativa che implica un rapporto di assoluta fiducia tra titolare e dipendente, ma anche flessibilità oraria e la possibilità di svolgere il proprio impiego in autonomia, lontano dalla sede lavorativa.
Regus, multinazionale che opera a livello globale, ha svolto un apposito studio sullo smart working (Added Value of Flexible Working) dal quale è emerso un dato importate: con il lavoro agile si potrebbero risparmiare circa 3,50 miliardi di ore all’anno, ovvero quelle che oggi 2,01 miliardi di persone impiegano mediamente per arrivare sul posto di lavoro.
Il risparmio economico sarebbe notevole, così come l’impatto positivo sull’ambiente grazie al taglio drastico di CO2 e delle emissioni nocive generate dai mezzi di trasporto.
Lo studio è stato effettuato su un campione di 16 Paesi (Australia, Austria, Canada,Cina, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Hong Kong, India, Nuova Zelanda,Paesi Bassi, Polonia, Singapore, Stati Uniti e Svizzera) che, stando ai ricercatori, così facendo potrebbero risparmiare fino a 10 miliardi di dollari.
Lo smart working è una modalità di lavoro amica dell’ambiente e molto green. Lavorare da casa e limitare gli spostamenti, infatti, comporta in primis meno traffico e-di conseguenza- ridotte emissioni inquinanti. Senza contare anche l’impatto positivo sul risparmio energetico, dal momento che le aziende che optano per il lavoro agile necessitano inevitabilmente di spazi (più) ridotti.
Assumere dei dipendenti che lavorano altrove, infatti, permette di avere un numero inferiore di postazioni fisse, con la possibilità di attrezzare le scrivanie diversamente. E non è tutto: in questo modo i “classici” uffici possono diventare anche ambienti ideali per il coworking, dando la possibilità alle persone di alternare lavoro domestico e occupazione in sede.
Ridurre gli spazi fisici degli uffici, inoltre, incide implicitamente anche sulla quantità di cemento che viene riversata costantemente nell’ambiente. Se si incrementa lo smart working, infatti, in futuro si potrebbero costruire palazzi più piccoli, sale riunioni meno spaziose, corridoi ridotti e così via.
Lo scorso anno ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) ha svolto un’indagine su telelavoro e smart working nella pubblica amministrazione. I risultati, seppure settoriali, hanno dato. evidenza di come il lavoro agile sia a tutti gli effetti una modalità di impiego assolutamente sostenibile.
Dallo studio, infatti, è emerso che quotidianamente circa19 milioni di persone si spostano con mezzi pubblici e (principalmente) privati per raggiungere il proprio posto di lavoro. Un aspetto importante, se si pensa l’Italia è stata anche deferita alla Corte diGiustizia europea per non aver rispetto i valori limite del biossido di azoto.
Quale potrebbe essere una possibile soluzione? Se tre quarti dei lavoratori pubblici e privati lavorassero da casa (senza raggiungere il posto di lavoro in macchina) si potrebbe ridurre sensibilmente il numero di km percorsi annualmente. Dati alla mano, i ricercatori di ENEA hanno parlato addirittura di un possibile risparmio di circa 950tonnellate di combustibile, oltre a una riduzione di oltre 2,8 milioni di tonnellate diCO2, di 550 tonnellate di polveri sottili e di 8mila tonnellate di ossidi di azoto.
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