Eppure una ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Plos One, ha messo in rilevanza che, quando si cercano le tracce di questa plastica nel mare con le reti, si trovano soltanto pochi rifiuti. Gli scienziati hanno utilizzato anche delle tecnologie computerizzate, per valutare l’entità del problema. Si è riscontrato che in ogni caso le particelle di plastica nel mare costituiscono veramente una quantità irrisoria rispetto alle tonnellate di spazzatura che finiscono nelle acque. Come è possibile tutto ciò? Gli esperti hanno detto che la plastica finisce da qualche parte, nel profondo dell’oceano, oppure suddivisa in particelle molto fini, che non vengono rilevate dalle reti.
Fondamentalmente rimane ancora il mistero su questo fenomeno difficile da spiegare, ma uno studio, pubblicato presso gli atti della National Academy of Sciences, ha evidenziato che, attraverso una precisa ricerca, si sono trovate soltanto 35.000 tonnellate di piccole particelle di plastica, mentre in realtà si sospettava la presenza di milioni di tonnellate. Sospetti ci sono sul processo di degradazione svolto dai raggi ultravioletti, sulla diminuzione di galleggiabilità a causa di organismi, di cui la plastica stessa si incrosta. Comunque la plastica affonderebbe molto più velocemente del previsto. Il fenomeno è stato rilevato in maniera molto simile sia nella parte nord che in quella sud del mondo e per molti anche questo è sorprendente, perché la maggior parte della plastica finisce nel mare proprio nell’emisfero settentrionale del nostro pianeta. Resta ancora aperta l’indagine che solleva nuovi interrogativi su come i rifiuti possano interagire con l’ambiente circostante.
Foto di Paolo Margari
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