Arriva dal Giappone l’idea di utilizzare il DNA ambientale per monitorare le specie che rischiano l’estinzione.
Gli scienziati stanno partendo proprio da un fiume giapponese: Ashida. Le acque ospitano il pesce Rhodeus atremius suigensis. L’esemplare è molto diffuso nelle acque dolci, ma soprattutto regna quel fiume e, così è diventato oggetto di studio. Ma la cattiva notizia è che seppur ampliamente diffuso il pesce, oggi, rischia l’estinzione, così come altri animali acquatici.
Conosciuto con il nome pesce amaro è capace di conservare la biodiversità negli ecosistemi di acque dolci. La fauna acquatica va salvata e preservata, ma ciò non è sempre possibile, perché gli studiosi analizzano e campionano vaste aree e questo comporta inevitabilmente un altissimo dispendio di risorse.
Il DNA Ambientale
Partendo dal tempo impiegato, gli scienziati hanno deciso di intervenire e analizzare piccole aree circoscritte. Tracciando il DNA degli organismi che vivono in quella zona. Il DNA ambientale è il tracciamento di tutte le sostanze rilasciate sul suolo o in acqua dagli esseri che occupano una determinata area.
Proprio dal DNA ambientale gli scienziati dell’Università di Okayama in Giappone stanno portando avanti questi studi, così da riuscire in modo non invasivo a rilevare la presenza, ma soprattutto la quantità di pesce amaro presente in quella zona.
Nel dettaglio si tratta della PCR, una tecnica di biologia molecolare impiegata per replicare numerose volte un tratto definito del DNA di cui sono note le sequenze nucleotidiche iniziali e terminali. I risultati sono stati riportati sul Journal of Landscape and Ecological Engineering, come riporta Greenme.it
Il progetto
Gli studiosi hanno inizialmente posizionato trappole per pesci in 48 punti di un canale agricolo nelle vicinanze del fiume Ashida.
Dall’analisi è emerso che le concentrazioni di DNA ambientale variavano in base alla distanza dl canale dal punto in cui sono stati catturati gli esemplari di Rhodeus atremius suigensis. Dunque, quando la distanza è maggiore, la concentrazione di DNA ambientale risulta minore.
Gli scienziati seguendo questa linea possono sapere molto, ma nel frattempo non danneggiano gli ecosistemi, questo significa monitorare la presenza di tante specie animali che rischiano l’estinzione. La tecnica potrebbe essere utilizzata per controllare vaste aree.