Sempre più aziende stanno decidendo di abolire le politiche dei resi. Il motivo di questa scelta? Puramente ambientale
Quante volte abbiamo pronunciato questa frase: “Se non mi piace lo ordino, lo restituisco. Il reso è gratis”. Da tempo, i grandi siti di vendita online consentono la restituzione gratuita di ciò che non soddisfa il cliente. Tuttavia, se analizziamo le conseguenze di questo gesto sull’ambiente e sull’economia aziendale, il reso non è davvero gratuito.
Spesso pensiamo che il processo sia semplice e lineare: ordino, ricevo, non mi piace e quindi restituisco. Ma la realtà è diversa. Quando il rivenditore riceve il reso, l’azienda deve rivalutare il prodotto, stoccarlo nuovamente, inserire un’etichetta e poi rimetterlo in vendita. Il procedimento è un percorso lungo, costoso e nocivo per l’ambiente, che molte volte non conviene al venditore di attuare.
Perché il reso è un danno per l’ambiente
Tuttavia, secondo l’Insider, alcune aziende chiedono ai clienti di non restituire i prodotti ma di tenerli. Questa opzione, tuttavia, non è sempre vantaggiosa poiché molti ordini indesiderati finiscono per essere gettati via. Purtroppo, molti dei prodotti restituiti finiscono direttamente in discarica, soprattutto quelli per l’infanzia, gettati per evitare responsabilità. Secondo Vogue Business, solo il 10% dei resi online viene donato o incenerito. Invece, secondo i dati riportati dal Guardian, negli Stati Uniti ogni anno vengono gettate in discarica 2,6 tonnellate di prodotti resi, un dato che aumenta soprattutto dopo le festività.
I resi hanno un impatto negativo sull’ambiente. Oltre al problema della fine della vita del prodotto in discarica, c’è anche il problema ecologico causato dal nuovo trasporto e dall’imballaggio sprecato. In media, ogni cittadino dell’Unione Europea produce quasi 180 kg di rifiuti di imballaggio all’anno. Questo accade perché spesso le aziende utilizzano materiali di imballaggio monouso, difficilmente riciclabili, per spedire i prodotti.
Molte aziende, consapevoli delle conseguenze negative che i resi gratuiti hanno sull’ambiente e sulla propria economia, hanno recentemente deciso di eliminare questa opzione. Zara, ad esempio, applica una tariffa di 4,95 euro per la restituzione, mentre H&M chiede 2,99 euro ai non membri del programma fedeltà. Secondo l’Insider, il costo di un reso per un brand può raggiungere addirittura il 66% del prezzo originario del prodotto, e ciò spiega perché molte merci finiscono direttamente in discarica.
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Mentre la decisione di far pagare il reso è dettata da ragioni finanziarie, essa potrebbe avere effetti positivi sulla mentalità degli acquirenti, spingendoli a prestare maggiore attenzione agli acquisti online e a valutare meglio ciò che acquistano. Allo stesso tempo, i venditori dovrebbero fornire descrizioni più dettagliate dei prodotti e indicazioni sulle taglie degli abiti più precise, contribuendo così a ridurre il numero di resi. Tuttavia, è importante considerare anche il problema dell’impatto ambientale causato dal nuovo trasporto e dall’imballaggio sprecato, spesso utilizzando materiali plastici monouso difficilmente riciclabili.