Nel gennaio del 1997, 8 persone persero la vita in un terrificante incidente ferroviario che venne ribattezzato come la strage del Pendolino.
A pochi giorni dall’inizio del 1997, un disastro ferroviario sconvolgerà letteralmente il nostro Paese: l’incidente noto come la strage del Pendolino che si verificherà nei pressi della stazione di Piacenza nel primo pomeriggio del 12 gennaio.
Si trattò del deragliamento di un treno, su cui viaggiavano oltre 160 passeggeri, che improvvisamente uscì dai binari con la carrozza di testa che si ribaltò colpendo dei pali. Purtroppo, il disastro costò la vita ad 8 persone, mentre altre 36 rimasero ferite.
Alle 12:55 l’elettrotreno ad assetto variabile “Pendolino” n. 29 e denominato “Botticelli” partì dalla stazione centrale di Milano ed avrebbe dovuto raggiungere la stazione Termini (Roma). Quel giorno viaggiavano sul convoglio 167 passeggeri, tra cui l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Poco dopo l’inizio della sua corsa, però, nelle vicinanze di Piacenza il convoglio, a causa del bloccaggio di una porta guasta, si fermò, ma poco dopo, riuscì a ripartire continuando a viaggiare per raggiungere la destinazione. Poco più tardi, però, mentre si apprestava ad imboccare la curva di ingresso della stazione di Piacenza, la prima carrozza uscì dai binari e si ribaltò spezzandosi in due dopo aver colpito alcuni pali a lato delle rotaie. Deragliarono altre sei carrozze.
I soccorsi raggiunsero immediatamente il luogo della tragedia. Purtroppo, il bilancio fu drammatico: 8 morti, tra cui i due macchinisti del Pendolino, ed altre 30 persone rimaste ferite, alcuni delle quali trasportate in ospedale in gravi condizioni. Illeso il senatore a vita Cossiga che, quasi per pura casualità, al momento dell’incidente si trovava nella carrozza ristorante, una delle due non deragliate.
Dopo svariate indagini, avviate subito dopo l’incidente ferroviario, si ipotizzò che a causare il deragliamento del convoglio fu la velocità a cui viaggiava: si stimò che il Pendolino avesse affrontato la curva a 165km/h, ossia ben 55 in più del limite di velocità consentito in quel tratto. All’epoca non erano ancora presenti i sistemi di sicurezza che impediscono al macchinista di oltrepassare il limite.
A quattro anni di distanza, si concluse con l’assoluzione per non aver commesso il fatto il processo per i 25 dirigenti delle Ferrovie dello Stato che erano stati accusati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ferroviario colposo
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