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Thailandia, grande zona “morta” a causa del plancton

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Spiaggia morta
Profondità del mare (Foto da Canva) – Ecoo.it

Gli effetti del cambiamento climatico sono sempre più evidenti: è il caso di moltissime spiagge in Thailandia diventate ufficialmente “zona morta” a causa della presenza deleteria di un plancton.

Le conseguenze del cambiamento climatico si manifestano in diversi modi, spesso inaspettati e incontrollabili. Un caso emblematico è quello della Thailandia, dove una vasta zona del Golfo è stata parzialmente invasa dal plancton, causando la creazione di un’ampia zona morta dove l’ossigeno scarseggia e la vita marina ne risente.

In questa zona del Golfo della Thailandia, l’acqua è diventata verde e vischiosa, con un forte odore di pesce morto e alghe. La causa di questo fenomeno è la proliferazione del plancton, che in eccesso diviene dannoso per l’ecosistema marino.

La zona morta in Thailandia: effetto del cambiamento climatico

Il plancton costituisce la base della catena alimentare del mare e fornisce nutrimento a molti pesci e mammiferi acquatici, ma quando la sua quantità supera una certa soglia, il processo si inverte e il plancton diventa dannoso, privando l’oceano dell’ossigeno necessario alla sopravvivenza delle altre specie, creando una “zona morta”. Questi effetti sono già evidenti in una zona del Golfo della Thailandia, dove una vasta area è coperta dal plancton, e la quantità di ossigeno nell’acqua è scesa a livelli pericolosi.

L’area interessata costituisce un quarto dell‘Alto Golfo della Thailandia, dove una metà è di colore verde intenso e l’altra, più vicina alla terra, è diventata marrone a causa dell’inquinamento e della morte del plancton. L’esperto Tanuspong Pokavanich, che ha studiato il fenomeno, ha spiegato che il plancton presente nell’area è dieci volte superiore rispetto alla quantità di plancton presente in una zona normale.

La proliferazione del plancton ha avuto gravi conseguenze sulla pesca e le coltivazioni di mitili, che hanno subito ingenti danni economici. Gli acquacoltori hanno denunciato la distruzione di gran parte delle loro attività, con la conseguente riduzione delle entrate, creando un vero e proprio disastro economico nella zona.

Al momento non si conosce la causa principale della riproduzione incontrollata del plancton, ma si stanno studiando fattori legati al cambiamento climatico e a fenomeni naturali come El Niño. Sono stati rilevati livelli elevati della specie Noctiluca, la stessa che era già apparsa insieme a questo fenomeno alcuni anni fa, ma gli scienziati continueranno a studiare per comprendere meglio il fenomeno.

I ricercatori hanno già evidenziato l’importanza della questione, in quanto il riscaldamento globale potrebbe causare un’evoluzione del microbioma dell’oceano, portando all’emissione di emissioni nocive anziché alla cattura di carbonio, con conseguenze catastrofiche sull’ambiente.

Una specie infestante

Il fenomeno della proliferazione del plancton in Thailandia, e in altri oceani del mondo, ci deve spingere a riflettere sulla necessità di proteggere l’ambiente marino, evitando gli effetti del cambiamento climatico e l’inquinamento. La gestione del pianeta e dei suoi ecosistemi non dovrebbe essere affidata solo alle decisioni dei singoli paesi, ma deve diventare un tema fondamentale nel dibattito internazionale sulla conservazione del nostro pianeta.

Occorre sensibilizzare l’opinione pubblica su queste questioni, rendendosi consapevoli delle conseguenze del cambiamento climatico sulla vita marina e sulla nostra esistenza. Sono necessarie decisioni strategiche efficaci per proteggere il nostro pianeta e salvaguardare la vita dell’umanità.

Una delle prime cose che possiamo fare per proteggere l’ambiente marino è ridurre l’inquinamento che viene scaricato negli oceani. Gli scarichi di prodotti chimici, come plastica, oli e fertilizzanti, hanno effetti devastanti sulla vita marina, causando l’avvelenamento degli organismi marini e degli animali che li ingeriscono.

L’adozione di pratiche agricole sostenibili che possono ridurre l’inquinamento da fertilizzanti e pesticidi utilizzati nell’agricoltura. Queste pratiche possono prevenire lo sviluppo di zone morte e proteggere la vita marina.

Un altro modo per proteggere l’ambiente marino è ridurre le emissioni di gas serra che sono la principale causa del cambiamento climatico. Questo può essere fatto attraverso l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile e l’adozione di pratiche sostenibili nelle industrie, nei trasporti e nelle attività economiche in generale.

Infine, è fondamentale promuovere una maggiore consapevolezza tra la popolazione globale sui problemi ambientali, in modo che tutti siano attenti ai prodotti che utilizzano e al modo in cui essi sono prodotti. Inoltre, è importante sostenere progetti di ricerca e programmi di conservazione per migliorare la nostra conoscenza dell’ambiente marino.

Sophie Melfi

Laureata in lettere moderne, è nata e cresciuta tra il vento sapido del mare e i fiumi marchigiani. Appassionata di trekking e dei luoghi più incontaminati, tutti da scoprire. Sostiene progetti ecosostenibili locali con curiosità e ottimismo verso una nuova prospettiva planet-friendly.

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