Il latte è parte integrante della nostra dieta, ma tra le varie tipologie a disposizione alcuni sono più sostenibili, altri molto meno: quali?
Se dovessimo farci domande sulla sostenibilità della filiera produttiva dei vari tipi di latte, sia di origine animale che vegetali, le risposte potrebbero essere in parte prevedibili, in parte del tutto inaspettate. Tra i regimi alimentari più inquinanti in termini di emissioni di gas serra, spiccano sicuramente quello chetogenico, che produce una media di 3 chili di anidride carbonica ogni mille calorie, e quello paleo, 2,6 chili. Inoltre un regime alimentare onnivoro, che dunque prevede il consumo di carne e derivati animali, impatta anch’esso sull’ambiente in maniera considerevole.
Di contro i regimi vegetariani o vegani, che hanno rinunciato non solo al consumo di carne ma anche di tutti i prodotti derivati da animali (ad esempio uova o latticini), si possono considerare i meno impattanti sull’ambiente. Anche per questa ragione sono sempre di più le persone che optano per una dieta vegana o vegetariana e che dunque rinunciano del tutto o cercano di ridurre drasticamente l’uso di prodotti alimentari derivanti da animali. Tra questi spicca sicuramente il latte, in particolare quello vaccino, sostituito da molti con latti vegetali a base di mandorle, soia, nocciole e numerose altre specie vegetali.
Ma qual è l’impatto ambientale di ognuno di questi tipi di latte? Anche tra i latti vegetali ve ne sono alcuni più sostenibili e altri meno: il latte di mandorle, per esempio, è il più esigente in termini di acqua necessaria alla produzione di un solo litro di prodotto. Nello specifico la produzione di un litro di latte di mandorla necessita di 371 litri d’acqua e produce 0,7 kg di anidride carbonica. Vi sembra molto? Allora facciamo il paragone con il latte vaccino: esso necessita di 628 litri d’acqua e produce 3,2 chilogrammi di CO2 per singolo litro ottenuto.
Ma come si suole dire, per essere virtuosi dobbiamo guardare all’esempio migliore, non a quello peggiore. Ebbene, anche tra i latti vegetali vi sono opzioni più sostenibili: secondo un confronto effettuato da Science e il New York Times, a seguire il latte di mandorla troviamo quello di riso, con 270 litri di acqua necessari alla produzione e emissioni di 1,2 chili di anidride carbonica. Latte d’avena e latte di soia, invece, salgono sul podio come alternative sostenibili al latte vaccino: il primo necessita di 48 litri di acqua e produce emissioni di 0,9 kg per litro; il secondo di 28 litri di acqua e produce 1 chilo di anidride carbonica per litro.
Oltre a questi dati bisogna inoltre chiedersi qual è la provenienza della materia prima usata per produrre il latte. Nel caso della soia, ad esempio, la maggior parte del legume per uso umano proviene da Europa, America del Nord e Cina, mentre in Brasile questo legume è destinato principalmente alla produzione di mangime animale.
Secondo alcune rilevazioni, le coltivazioni di soia in Brasile stanno contribuendo enormemente alla distruzione della Foresta Amazzonica: ciò ci insegna che i fattori da considerare quando vogliamo parlare di sostenibilità ambientale di un prodotto sono molto numerosi e non sempre è facile trarre conclusioni valide in modo affrettato.
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